Cruel Touch - Webnovel - Narae

Cruel Touch

Monique Scisci - New Adult

Sophie e Jaymes si odiano da sempre. Un’attrazione che li ha spinti a una guerra fatta di provocazioni e sfide, dove ogni parola e ogni gesto diventano un colpo ben mirato. Quando Sophie arriva al Blacktorne College, l’esclusivo ateneo di … altro


19 Episodi

Episodio 1

 

Jaymes

 

Entrai nello spogliatoio come una furia, sbattendo il caschetto a terra. Se c’era una cosa che detestavo, era perdere contro i Pinewood. E mi faceva ancora più incazzare il fatto che quella sconfitta fosse dipesa da me.

 

“Ehi, amico!”

Mi voltai, fulminando Lester con lo sguardo. “Non adesso, Les” lo ammonii rabbioso.

Lui mi ignorò, avvicinandosi scuro in volto. “Mi spieghi che ti è preso là fuori?”

“Quel coglione mi ha provocato” sbraitai, riferendomi a Tyler Dawson, il capitano dei Pinewood.

“E da quando sei diventato così suscettibile?” mi pungolò.

 

Non risposi. Sapevo che aveva ragione. Dawson cercava sempre di stuzzicarmi, sperando in una mia reazione, ma finora non gli avevo mai dato la soddisfazione di vedermi perdere il controllo. In campo restavo concentrato solo sulla tattica di gioco, guidando la squadra come un direttore d’orchestra. Ma quel giorno ero distratto, e le parole di Dawson avevano finito per farmi scattare. 

 

Lester avanzò di un altro passo. “Sai cosa significa perdere la prima di campionato?” Ancora una volta, preferii tacere. “Dannazione, Jay! Sei il capitano, cazzo. Non puoi permetterti una giornata no.”

 

Inspirai l’aria dal naso, gettando gli occhi a terra. 

 

Non si trattava affatto di una giornata no

 

Per quanto amassi il rugby, quello che mi stava capitando preannunciava un periodo infernale. 

 

E se avevo ragione, dovevo ringraziare solo una persona. 

 

Il mio più grande incubo.

 

Calciai un borsone e mi accasciai sulla panca di legno, prendendomi la testa tra le mani. 

 

Lester si sedette al mio fianco. 

 

Il resto della squadra era rimasto in campo a parlare con il coach. O meglio, a beccarsi la sua strigliata, mentre i Pinewood festeggiavano sotto gli occhi di tutti e perdipiù in casa nostra. Ma io non ero dell’umore di sorbirmi il malcontento generale. Bastava il mio

 

“Non dirmi che è ancora per l’articolo di Black List” insinuò a un tratto Lester. 

 

Da quando il blog aveva spifferato che qualcuno si era introdotto nel mio alloggio studentesco, al Blacktorne non si parlava d’altro. Il campus del Black Hall era una specie di roccaforte, non capitavano mai furti o incursioni non richieste. E non perché fosse sorvegliato. Nessuno osava mettersi contro l’élite. 

 

E, soprattutto, nessuno aveva mai osato mettersi contro di me.

 

Al Blacktorne ero considerato un’istituzione. 

 

Ero un Turton, appartenevo a una delle famiglie tra le più influenti del Paese. In più, mio padre, era il rettore. In pratica, ero in cima alla piramide sociale. Ma il fatto che qualcuno avesse violato un mio spazio privato, e che la notizia fosse circolata per l’intero istituto grazie a Black List, rischiava di minare la mia autorità. 

 

Ma c’era dell’altro… 

 

“Non è solo per Black List” ammisi. Anche se era la prima volta che il blog mi prendeva di mira. 

“è per via di quello che ti hanno rubato?” mi chiese Lester.

 

Annuii. 

 

“So che non vuoi dirmi di che si tratta, ma se è così importante, forse è il caso di sporgere denuncia.”

 

Il blog aveva parlato di un furto, ma per fortuna non aveva ancora scoperto cosa mi era stato sottratto. 

 

Come fosse venuto a conoscenza di quello che era successo era un mistero. Ma Black List restava un enigma per tutti, anche per me. Sapevamo solo che “viveva” grazie alle soffiate anonime degli studenti – e a volte anche dei professori – e che agiva in completa autonomia rispetto alla redazione del Black Post, il giornale dell’istituto. 

 

Probabilmente era stata lei – il Diavolo in persona – a volermi dare un avvertimento.

 

“Non posso andare alla polizia” dissi dopo un po’.

“Perché?” mi chiese Lester.

Mi voltai a guardarlo. “Se si venisse a sapere di cosa si tratta, finirei in guai molto seri.” E ci sarebbe finita anche la mia famiglia. “Non posso permetterlo” aggiunsi.

Non ti ho mai visto così, Jay. Ci è mancato poco che mandassi in ospedale quell’idiota di Dawson.”

 

Socchiusi gli occhi per un istante, poi mi alzai. 

 

Durante la partita avevo commesso diversi falli stupidi, regalando ai Pinewood continui vantaggi. L’ultimo però era stato fatale e l’arbitro mi aveva ammonito, fischiando una punizione che aveva permesso alla squadra di mandare a segno il punto della vittoria. Nessuno aveva protestato la sua decisione, nemmeno il nostro coach. Avevo placcato Dawson, prendendolo per il collo. Dovevo ritenermi fortunato di non essere stato espulso. Ma era una magra consolazione. Non mi ero mai sentito tanto vulnerabile come in quel momento. 

 

Allargai il petto in un lungo sospiro. “Devo trovare chi è stato a entrare nella mia stanza, e obbligarlo a ridarmi ciò che mi ha rubato” stabilii, evitando di soffermarmi ancora sulla mia ridicola prestazione.

 

“E come pensi di fare?” mi chiese Lester.

“Non lo so. Ma so chi potrebbe essere stato.”

Lui si accigliò. “Dici sul serio?”

“C’è solo una persona tanto stupida da volersi mettere contro di me qui al Blacktorne.”

“Chi?”

“Sophie Clark.”

Lester si stranì. “Sophie Clark? La sorella di Darren?”

“Esatto.”

“E come è riuscita a introdursi al Black Hall?”

“Non lo ha fatto” gli spiegai. “Le hanno assegnato una stanza lì. La condivide con la ragazza di Aiden Wilson, l’erede dell’impero Keller. Si sono conosciute l’anno scorso e pare siano diventate ottime amiche.”

“Beh, buon sangue non mente” commentò lui, arricciando il naso in segno di sdegno.

 

Sapevamo entrambi perché Darren mi girava attorno dai tempi del liceo: voleva scalare la piramide sociale. Era solo un opportunista, troppo stupido per farcela tra gli squali, ma io e Les lo tenevamo buono usandolo come pedina per i nostri scopi, dandogli qualche briciola di tanto in tanto.

 

Sua sorella però era tutto un altro discorso. 

 

Benché irrequieta, impulsiva e vendicativa, non si lasciava adulare, e diventava pericolosa se provocata.

 

Era persino riuscita a entrare al Blacktorne nonostante mio padre avesse provato in tutti i modi a respingere la sua domanda. 

 

Sophie Clark era scaltra, e di un’intelligenza fuori dal comune. Ed era un cazzo di guaio per me.

 

“Fammi capire…” riprese Lester, alzandosi. “Perché una matricola avrebbe dovuto commettere un’effrazione e rubarti qualcosa?”

 

Poggiai la schiena contro un armadietto e incrociai le braccia.

 

“Abbiamo dei trascorsi” gli confessai.

Lester mi rifilò un’occhiata indagatrice. “Di che tipo?”

 

Esitai a rispondere, passandomi una mano dietro al collo ancora sudato. 

 

Non amavo sbandierare quella storia. Se qualcuno lo avesse scoperto, la mia reputazione sarebbe crollata a picco. Ma il mio migliore amico meritava una spiegazione.

 

“Abbiamo fatto sesso due anni fa” gli rivelai tutto d’un fiato. “È stato un… incidente. Ero ubriaco.”

“Vuoi dire che ti è caduta sull’uccello senza che tu te ne accorgessi?”

“Più o meno” ammisi, senza riuscire a nascondere il disagio. “Ha cercato di intrufolarsi a una festa per quelli dell’ultimo anno. La gente era già parecchio su di giri a quell’ora, e lei era solo una ragazzina. Ho avuto paura che le succedesse qualcosa, ma quando sono andato ad avvisare Darren, lui era talmente fatto che non mi ha neanche ascoltato. Così mi sono offerto di riportarla a casa. In auto però la situazione è precipitata, ed è successo.”

 

Lester aggrottò le folte sopracciglia scure, incollandomi addosso i suoi profondi occhi verdi. Poi, tornò a sedersi, schiarendosi la voce.

 

“Presumo ci sia dell’altro. Sbaglio? Voglio dire, se è davvero stata lei a introdursi nella tua stanza, ci deve essere un motivo più serio di una semplice scopata in macchina.”

 

Lester era uno dei ragazzi più arguti con cui avessi mai avuto a che fare. Bravo in tutto, specialmente a leggere le persone.

 

“Il giorno dopo ho fatto finta di niente” iniziai a raccontare. “Lei se l’è presa e abbiamo litigato. Aveva una cotta per me all’epoca, e sperava che quello che era successo tra di noi fosse l’inizio di qualcosa. Solo che qualcuno deve averci sentito e la voce si è sparsa per tutto il liceo. Per uscirne pulito ho detto a tutti che si era approfittata del fatto che fossi ubriaco, perché da sobrio sarebbe stata l’ultima ragazza al mondo con cui avrei voluto fare sesso. Beh… forse ho anche detto qualcosa a proposito della sua inesperienza. Fatto sta che a scuola hanno iniziato a prenderla di mira.”

“E tu non hai fatto niente per difenderla?” mi chiese in tono di rimprovero. 

Allargai le braccia. “Che avrei dovuto fare? Rimangiarmi quello che avevo detto? E poi, era vero. Sophie Clark non è una di noi. Non l’avrei nemmeno sfiorata se fossi stato lucido.”

“Ne sei sicuro?”

“Non farmi incazzare, Les. Okay?”

“L’hai portata via dalla festa” osservò.

“Per proteggerla” precisai.

“Temevi che qualcuno se la scopasse, e poi te la sei scopata tu.”

 

Gli rifilai un’occhiata di ammonimento, ma preferii non commentare.

 

“E Darren?” continuò lui. “È un invertebrato, ma Sophie è pur sempre sua sorella.”

“È stato lui ad aiutarmi a diffondere la mia versione tra gli studenti.”

Lester annuì, pensieroso. “Quindi, è per questo che lei ti odia tanto? Perché l’hai umiliata?”

Serrai le labbra. “Non solo. Diciamo che a scuola ci sono andati giù pesante. Sai, cose del tipo scritte sui muri, gruppi social, scherzi di ogni genere. Qualche stronzo le ha pure inviato la foto del cazzo, proponendosi di aiutarla a fare pratica.”

“Immagino che i tizi delle foto siano finiti male. Che gli hai fatto?”

“Niente” ammisi a denti stretti. “Ma non è una vittima, Les. Fidati.”

“Non ne sono così sicuro, Jay. Hai lasciato che venisse bullizzata per una cosa di cui anche tu eri responsabile.”

“Ha avuto la sua vendetta.”

 

Lester si accigliò.

 

Sospirai. “Ha bruciato l’auto che mi avevano regalato i miei per il compleanno. E si è pure filmata mentre lo faceva. Voleva che sapessi che era stata lei. Capisci?”

“E allora perché pensi che voglia ancora darti fastidio?”

“Perché per colpa mia è stata sbattuta in un riformatorio giudiziario per due anni.” 

“Wow” commentò in tono piatto, rigirandosi un asciugamano tra le grosse mani. 

“E anche perché ho continuato a molestarla” aggiunsi. “Sebbene quella maledetta riesca sempre a darmi del filo da torcere.” 

“E per quale motivo? Non avevi già ottenuto quello che volevi?”

“Perché ci tenevo a quella cazzo di auto!” insorsi. “E perché non è stata la sola a pagare per quello che è successo tra di noi.”

Lester mi fissò incuriosito. “Che vuoi dire?”

“Conosci mio padre. Credi che me l’avrebbe fatta passare liscia? Ho scopato con una sciacquetta qualunque nella sua berlina e con il suo autista alla guida. In più, la notizia è circolata, facendogli fare una figura di merda nell’alta società.”

 

Lester annuì, ma ebbe il buon gusto di non chiedermi in che modo Gregor mi avesse punito. 

 

“E come pensi di smascherarla?” mi domandò dopo alcuni secondi di silenzio.

“La tormenterò fino a quando non sarà costretta a ridarmi ciò che mi appartiene. Dopodiché la distruggerò.”

“Sicuro che funzioni?”

“Hai un’idea migliore?”

“Prova a sedurla.”

“Sei impazzito?!” protestai.

“Hai detto che si era presa una cotta per te.”

“Ma adesso mi odia.”

“Perché finora non hai fatto altro che infastidirla.”

“Non se la berrà.”

“Che cos’hai da perderci?”

“La faccia, per esempio.”

“È molto carina” notò Lester. E chissà perché il suo commento mi fece ribollire ancora di più il sangue nelle vene. Sophie non era affatto carina, aveva un aspetto insignificante e si vestiva come una teenager degli anni Ottanta. 

 

Ma non feci in tempo a ribattere che la squadra si riversò nello spogliatoio. Ora dovevo occuparmi dei miei compagni, e rimediare al casino che avevo fatto.

 

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