MORY - Boys Love
Jeongu torna nella casa di famiglia, sfinito dalla vita nella capitale. Lì conosce Junyeong, un giovane accolto dai suoi genitori. Il loro primo incontro è goffo e, col passare dei giorni, i malintesi si accumulano mentre cercano di evitarsi. Tuttavia, … altro
Due luci rosse danzavano, lampeggiando con decisione. La barriera, aperta fino a un attimo prima, si abbassò lentamente a bloccare la vista che dava sulla strada di fronte. Poi, il suono di una campana, udita a scuola da bambino, risuonò con forza.
Din din.
Il tono costante, che somigliava al pendolo di un orologio, si ripeté facendo ronzare il suono nelle mie orecchie. Era così regolare che mi diede quasi i brividi e mi innervosì; così, inconsciamente, strinsi la presa sul volante.
Avevo acceso l’aria condizionata per fronteggiare il caldo torrido estivo, ma ebbi l’impressione di percepire una goccia di sudore scivolare lungo la mascella per via della strana tensione che provavo.
Alzai il volume della radio per coprire quel suono così sgradevole, ma dovevo aver oltrepassato la zona coperta dalla frequenza che avevo impostato, perché si udiva solo un brusio.
Pff. Feci schioccare la lingua sentendo quel rumore molesto, e poiché ritenni che non avrebbe fatto altro che aumentare la mia irritazione, decisi di spegnerla. Non sentivo più il suono della radio, che somigliava a un acufene, eppure il suono della campana sembrava non volersi fermare.
Tolsi le mani che stringevano inutilmente il volante per un attimo e guardai la luce attraverso il vetro.
Din din.
La luce rossa lampeggiava lentamente al ritmo del segnale acustico, ma sembrava stranamente insistente. Il mio indice cominciò a battere sul volante al ritmo dei richiami luminosi.
Una sirena suonò a lungo, poi una vibrazione potente scosse il suolo. Voltai la testa nella direzione da cui proveniva l’avvertimento sonoro, e vidi una lunga ombra nera in lontananza. Sembrava avvicinarsi lentamente, ma ebbi appena il tempo di sbattere le palpebre che aveva già raggiunto la barriera e attraversava i binari ad alta velocità.
Le erbacce e le foglie verdi sugli alberi cominciarono a ondeggiare sotto l’effetto della folata di vento creata dal suo passaggio. Il rumore metallico della ferraglia mi lacerò le orecchie. Ma il treno sfilò sotto i miei occhi e scomparve rapidamente prima ancora che potessi coprirli.
Il treno, che mi aveva momentaneamente bloccato la vista, continuò il suo viaggio svelando nuovamente ai miei occhi il paesaggio visto prima, e allo stesso modo il suono della campana si interruppe. Guardai la barriera gialla, che bloccava la strada, rialzarsi, e innestai la prima cosicché la vettura, lasciata in folle, riprendesse ad avanzare lentamente.
Dopo aver visto il treno sfrecciare, anche io avrei voluto correre a tutta velocità sulla strada, ma purtroppo la mia destinazione non era molto lontana dal passaggio a livello al quale mi ero appena fermato.
Era un vicolo con piccoli edifici, alti al massimo quattro piani, tutti stretti uno vicino all’altro. Bisognava provare a girare le maniglie delle porte di ristoranti e negozi per sapere se fossero aperti o chiusi, ma, tutto sommato, era un posto piacevole.
Un gruppo di giovani che indossavano camicie e pantaloni del tutto identici camminavano per strada, rivelando la presenza di una scuola nelle vicinanze. Procedevo piano e con cautela, poiché non vi erano marciapiedi nel vicolo.
Poco dopo, il navigatore annunciò per l’ultima volta che ero giunto a destinazione e vidi un cartello che riportava la scritta “farmacia centrale”. Mi guardai intorno per verificare se ci fosse un parcheggio nelle vicinanze.
Non trovai alcun posto, solo posteggi riservati ai residenti davanti ai rispettivi edifici. Ne avrei dovuto cercare uno più tardi.
Con un sospiro, parcheggiai il più vicino possibile all’edificio per non intralciare il traffico e spensi il motore. Presi i bagagli, gettati in fretta e furia sul sedile posteriore al momento della partenza.
Avevo solo pochi vestiti in una borsa da palestra di facile trasporto e il mio laptop in uno zaino che portavo sempre con me. E poiché non avevo più spazio nelle borse, presi in mano il mio vecchio paio di scarpe da ginnastica. Era tutto ciò che possedevo.
Scesi dall’auto con un bagaglio su ogni spalla, chiusi a chiave le portiere, poi mi fermai davanti alla porta della farmacia dove ero appena arrivato. Essendo carico di bagagli, ebbi inizialmente intenzione di spingere la porta senza indugio, ma contro ogni previsione la porta era chiusa.
Cercai prima di spingerla, poi di tirarla. Ma rimase fermamente chiusa e non sembrò volersi muovere di un millimetro. Diedi un’occhiata attraverso la vetrina per controllare l’interno della farmacia.
Distinsi solo uno spazio immerso nella penombra. Mi aspettavo che il posto fosse meno luminoso rispetto al sole che splendeva intensamente in quella bella giornata, ma il locale era vuoto e tutte le luci erano spente.
Frugai nella tasca con la mano destra, ancora libera, ed estrassi un telefono mai consultato prima di allora. Potevo visualizzare l’ora in grande sullo sfondo, poiché non avevo ricevuto alcun messaggio o chiamata.
Sospirai di fronte al numero associato al contatto del proprietario della farmacia e cercai piuttosto di comporre un numero che conoscevo.
“Il numero raggiunto non è al momento disponibile. Si prega di lasciare un messaggio…”
Nessuna risposta, solo un lungo segnale. Rimisi il telefono in tasca dopo il tentativo fallito. Era improbabile che il proprietario della farmacia tornasse prima dell’orario concordato.
Mi guardai attorno per vedere se ci fosse un posto dove passare il tempo nell’attesa, ma era impossibile trovare un luogo del genere in un quartiere rurale così tranquillo.
Non volevo aspettare chiuso in auto dopo aver fatto un lungo viaggio. Tuttavia, non avendo altra alternativa, rimasi in piedi davanti alla porta, assorto nei miei pensieri, chiedendomi se non dovessi riprovare a entrare in farmacia.
“C’è qualcuno dentro?”
D’istinto, voltai la testa sentendo una voce sconosciuta. In lontananza, vidi un giovane che indossava una maglietta bianca abbinata a jeans scuri con scarpe da ginnastica e cappellino nero. Guardava nella mia direzione. Il suo viso era coperto dal cappellino.
“Sei qui per comprare dei medicinali?” chiese.
Non mi piaceva il suo modo di rivolgermi la parola a bruciapelo, squadrandomi dall’alto in basso e con un tono troppo familiare. Ma dato che il proprietario era assente, scossi la testa in silenzio.
“Apro la porta, spostati.”
Mosse la mano. Feci un passo indietro e tolsi il piede dal bordo metallico davanti alla porta per lasciargli spazio.
Si fermò nel punto in cui mi trovavo un attimo prima ed estrasse un mazzo di chiavi dalla tasca posteriore come se si trattasse di un gesto abituale, poi si alzò in punta di piedi per inserire la chiave, che aveva scelto senza esitazione, nel buco della serratura.
Girò la chiave senza sforzo e ben presto si udì un tintinnio. Poi, dopo aver provato a tirare la porta a vetri che ancora non batteva ciglio, si accovacciò.
“È bloccata anche in basso. Aspetta un attimo.”
Procedette nello stesso modo in cui aveva fatto per la serratura superiore. Si raddrizzò e tirò la maniglia, in modo che la porta saldamente chiusa si aprisse facilmente. I rintocchi che accoglievano i clienti all’entrata cominciarono a risuonare rumorosamente.
Il giovane entrò e accese le luci al neon come se fosse la sua normale routine, poi accese l’aria condizionata per espellere il calore. Quindi entrò in uno spazio riservato al proprietario della farmacia e accese il televisore fissato a una delle pareti.
Riflettei su come reagire a una tale situazione osservando i suoi movimenti attraverso la vetrina, quando mi fece un cenno con la mano.
“Fa caldo” disse, “entra e potrai aspettare all’interno.”
Il gesto fatto poco prima per chiedermi di allontanarmi non fu particolarmente insistente, ma questa volta, mosse la mano con fermezza per farmi entrare.
Esitai un attimo, ma non avendo alcun posto dove andare, entrai in farmacia. L’aria nel negozio era soffocante come all’esterno, non essendo trascorso molto tempo dall’accensione dell’aria condizionata.
Il giovane estrasse una bevanda vitaminica e un gelato dal frigorifero, poi mi porse un bicchiere.
“Il proprietario si è assentato un attimo, ma tornerà presto. Puoi appoggiare i bagagli su quelle sedie laggiù.”
Indicò con il mento delle sedie di legno allineate vicino alla porta, che si sarebbero potute trovare tranquillamente nella cappella di una chiesa.
Sembravano molto scomode, ma non avendo altri posti dove sedermi, posai i bagagli su una di esse e mi sedetti sulla sedia accanto con la bevanda vitaminica in mano.
La bottiglia di vetro appena estratta dal frigorifero era ancora fresca e mi fece dimenticare il calore, così la tenni in mano senza berla subito. Il giovane diede un morso al gelato che aveva preso con la bevanda e accese un ventilatore.
Dopo aver premuto più volte su un pulsante, il ventilatore iniziò a funzionare girando prima da un lato e poi dall’altro. Un leggero ronzio proveniva dal dispositivo che sembrava piuttosto vecchio. Il giovane afferrò il telecomando e fissò lo sguardo sulla televisione.
Invece di cambiare canale, guardò la griglia dei programmi per vedere se ci fosse qualcosa da guardare. Poi, alla fine, si decise e premette un pulsante dopo aver valutato a lungo lo schermo. Quindi posò il telecomando, si tolse le scarpe e si posizionò dietro il bancone. Infine, si tolse il cappellino e lo posò sul piano.
Non diedi particolare importanza ai suoi gesti, come quando si era tolto le scarpe prima di mettersi dietro il bancone per via dell’organizzazione interna della farmacia, ma non avrei mai pensato che il semplice fatto di togliersi il cappellino avrebbe attirato la mia attenzione. Mi sentivo in imbarazzo.
Riuscii a vedere chiaramente il suo viso dai lineamenti ben definiti che prima veniva nascosto dalla visiera. Distinsi a prima vista le sue palpebre scure, i suoi grandi occhi e le sue labbra leggermente scarlatte.
Era quasi difficile credere che fosse davvero un uomo per via della sua pelle pallida e luminosa che sembrava dorarsi facilmente al sole, era un viso che sarebbe stato definito carino più che bello. Quando lo vidi davanti alla porta, il suo sguardo era leggermente più alto, eppure avrei potuto scambiarlo per una ragazza se non fosse stato così alto.
Lo fissai a lungo senza fiatare. Anche se normalmente avrebbe dovuto sentire il mio sguardo su di lui, non si mosse e tenne gli occhi fissi sul televisore prendendo un grosso morso del gelato che teneva in mano.
Mi voltai con naturalezza verso lo schermo, perché sarebbe stato maleducato continuare a osservarlo. In televisione davano un programma di intrattenimento. Il presentatore spiegò il gioco in anticipo, quindi apparvero delle celebrità e iniziarono a giocare secondo le regole.
Ogni volta che si presentava una scena che potesse divertire il pubblico, scorrevano i sottotitoli e il suono delle risate risuonava come effetti speciali. Ciò non significava affatto che ci fossero persone che ridevano allo stesso tempo. Al contrario, non suscitava alcun interesse ed era piuttosto noioso.
Il tempo trascorse più lentamente di quanto pensassi. Il proprietario della farmacia, che doveva rientrare al più presto, non sembrava averne l’intenzione, e rimanemmo io e il giovane a guardare la televisione senza scambiarci una sola parola.
D’un tratto, una delle trasmissioni finì e la pubblicità prese ad animare il canale dopo l’annuncio del programma successivo. Non cambiò canale, forse perché voleva continuare a guardare, ma dopo aver lanciato qualche occhiata nella mia direzione, ruppe il silenzio.