Un coinquilino di troppo

Tamara Balliana - Contemporary Romance

Dopo che un'esplosione di gas distrugge l’edificio in cui vive, Sacha si ritrova senza casa. La soluzione ideale sembra essere l’house-sitting: prendersi cura della casa di persone ricche durante i loro periodi di lunga assenza. Un sogno! Tuttavia, l'arrivo inaspettato … altro


16 Episodi

Episodio 1

 

Sacha

 

 

Un’esplosione.

 

Il mio corpo si solleva da terra, come se fosse stato appena afferrato da una gigantesca mano invisibile. Vengo scaraventato con violenza sul marciapiede. Mi investe un’improvvisa folata di nebbia, calda e opaca.

 

Il mio cuore comincia a battere all’impazzata, sono in confusione totale.

 

Non capisco niente.

 

Qualche secondo di silenzio, poi delle grida. Sembrano arrivare da tutte le direzioni.

 

Una forte puzza di bruciato mi riempie le narici. Mi appoggio sui gomiti nel tentativo di rialzarmi e capire cosa sta succedendo.

 

Ho gli occhi pieni fuliggine. Li strofino con un avambraccio per cercare di pulirli, ma non cambia molto. Perciò comincio a guardarmi intorno con le palpebre socchiuse.

 

È il caos.

 

Intorno a me ci sono solo macerie, e nel cielo azzurro del tardo pomeriggio si leva una colonna di fumo nero. Dovrei essere vicino alla via in cui abito, a un passo da casa, invece mi ritrovo in uno strano film apocalittico.

 

“Sta bene, signore?” mi domanda una voce inquieta. Mi giro e vedo una donna ricoperta di polvere. Ha in mano il telefono, probabilmente sta cercando di chiamare i soccorsi.

“Sì, sto bene” rispondo in automatico.

 

Mi fischiano le orecchie e ho il fato corto.

 

Ma che cazzo è successo?

 

Mi rimetto in piedi. A quanto pare non mi sono fatto male. Ho solo i vestiti grigi, devono essere a causa dell’esplosione.

 

Perché c’è stata un’esplosione, vero?

 

È successo tutto così in fretta. Se non avessi i vestiti ridotti in questo stato, potrei pensare di aver avuto un’allucinazione.

 

Intorno a me è il panico generale. Alcune persone escono di casa e stanno sulla soglia a guardarsi intorno. Un uomo ha la mano sulla bocca, una donna indica il punto da cui tutto sembra aver avuto inizio.

 

La via di casa mia.

 

Mi precipito in quella direzione. Supero le transenne che la polizia ha messo per bloccare l’accesso. E pensare che pochi minuti fa me la prendevo con i lavori imprevisti che mi impedivano di parcheggiare sotto l’edificio.

 

Più mi avvicino al mio numero civico, più mi sale l’angoscia.

 

Non può essere…

 

Merda! È il mio palazzo.

 

“Che è successo?”

 

L’uomo che mi fa questa domanda sembra perso quanto me. Gli sanguina un po’ il sopracciglio.

 

“Non ne ho la minima idea…”

 

La mia voce è ridotta a un sussurro. Faccio ancora qualche passo verso il punto in cui dovrebbe esserci il mio condominio, ma…

 

La facciata sventrata è annerita dalle fiamme che divampano, come se nel salotto della mia vicina, al secondo piano, si fosse aperta la bocca dell’inferno.

 

E pensare che l’ho sempre soprannominata “il Drago”…

 

Ma non è niente in confronto al ristorante indiano al piano terra. I vetri delle finestre sono esplosi, e in mezzo al locale arde un immenso braciere. I loro piatti mi hanno più volte mandato la lingua in fiamme, ma non credevo che potessero incendiare tutto il palazzo!

 

A pochi metri da me si fermano i camion dei pompieri con i loro lampeggianti, diverse ambulanze e alcune macchine della polizia. L’ululato delle sirene si mescola al panico generale. E anch’io comincio a perdere la calma. Qualcuno sarà rimasto dentro? Ho già pensato al mio appartamento, alle mie cose, ma potrebbe essere successo qualcosa di più grave.

 

Per quanto odi la mia vicina, che ha la mania di seguirmi nel locale rifiuti per rimproverarmi su come faccio la raccolta differenziata, non le avrei mai augurato di finire come Giovanna d’Arco.

 

“La prego di allontanarsi, signore” mi ordina un agente.

 

Mi tocca la spalla, forse per risvegliarmi dallo stato di trance.

 

“Il… il drago…” balbetto, indicando il condominio consumato dalle fiamme.

 

Il poliziotto aggrotta le sopracciglia.

 

“La mia vicina… non so se sia in casa…”

“A quanto sappiamo, l’edificio era vuoto. Gli operai che lavoravano qui si sono accorti di una fuga di gas e la zona è stata evacuata. Ma non abbiamo fatto in tempo a prevenire l’esplosione. Lei abitava qui?”

 

Annuisco, incapace di pronunciare una sola parola. Ha usato l’imperfetto: non mi è sfuggito. Devo abbandonare l’idea di rientrare a casa nel breve periodo.

 

Non ritornerò mai nel mio appartamento.

 

Questa illuminazione è come un pugno nello stomaco. Mi basta alzare lo sguardo per accorgermi che anche il tetto è stato sbalzato via.

 

La frase più corretta sarebbe: Non ho più un appartamento. Rimango pietrificato a osservare la mia vita, o meglio, i miei averi, andare in fumo. Non possiedo molti oggetti di valore, ma qualche ricordo sì, e poi ho dei documenti importanti. Non posso fare altro che assistere impotente alla loro distruzione.

 

Non mi faccio illusioni: anche se i pompieri riuscissero a spegnere l’incendio, non resterà quasi niente.

 

“Signore, deve proprio tornare dietro le transenne” insiste l’agente, poi aggiunge: “Ma rimanga in zona, potremmo avere bisogno di lei.”

 

Annuisco, ma non ho la minima idea di come potrei rendermi utile.

 

I pompieri accorrono con il loro materiale e la polizia delimita un perimetro di sicurezza. Per loro è solo una giornata leggermente più movimentata delle altre, immagino. Per me, invece…

 

Tornato dietro le transenne, comincio a tremare dalla testa ai piedi. Sono sudato e ho il cuore che batte a mille. Sarà l’improvviso calo di adrenalina? Non ne ho idea. Provo troppe sensazioni insieme per poterle distinguere.

 

Ma una cosa è certa: ho paura.

 

Avrei potuto essere in casa al momento dell’esplosione.

 

Ho perso tutto.

 

Mi faccio strada tra la folla, con un senso di nausea nello stomaco. Mi appoggio alla parete di un edificio per riprendere fiato. L’aria calda della città sembra ancora più soffocante, ora. Siamo in piena estate e vicino a un incendio, ma non è questo. È la situazione a essere soffocante.

 

E pensare che mi lamentavo dell’afa nel mio appartamento… Ora mi sembra una cosa da niente.

 

Scoppio in una risata nervosa. Una donna mi guarda storto, ma non mi importa molto in questa circostanza.

 

Passano i minuti, o forse le ore, non saprei. Nella nebbia fitta come il fumo che esce dal mio palazzo, qualcuno viene a chiamarmi. Gli agenti mi interrogano rivolgendomi sguardi compassionevoli, e forse è questo che mi fa capire poco a poco la gravità della situazione.

 

Sono senza casa ed è ormai chiaro che non devo contare sulla prospettiva di recuperare i miei averi. Per la prima volta nella mia vita rimpiango il mio disordine, soprattutto quando arrivo nell’asettica stanza d’hotel che mi è stata assegnata per stanotte.

 

Non riesco a tirarmi su nemmeno dopo una doccia, tanto attesa quanto necessaria. Anzi. Comincio a elaborare quello che è capitato, a rendermi conto della trafila che mi aspetta nelle prossime settimane.

 

Trovare un appartamento, compilare documenti su documenti per l’assicurazione, comprare nuove cose… Comincio a fare l’elenco mentale degli oggetti che mi serviranno, ma rinuncio subito. Sono certo che molte delle cose non mi vengono nemmeno in mente. Oltretutto non sono la persona più organizzata del mondo, e questo mi terrorizza.

 

Mi mancherà persino la mia vicina sputafuoco…

 

Mentre mi rigiro nel letto, c’è una sola idea che mi tormenta: dovrò trovare al più presto un posto dove stare. Mi serve una casa, fosse anche una topaia. E tutt’a un tratto ricevo un messaggio inaspettato. Forse c’è una luce in fondo al tunnel…

 

 

***

 

 

Sistemo gli ultimi attrezzi sul pickup e mi asciugo il sudore dalla fronte con il dorso della mano. È stata una lunga giornata, ma il giardino di Madame Leclerc è impeccabile. Ed eccola sulla scalinata, con in mano un bicchiere che deve essere per me.

 

“Guardi un po’ qui!” le dico, indicando con un ampio gesto le aiuole che ho appena liberato dalle erbacce. “Il suo giardino farebbe invidia a quelli della Reggia di Versailles.”

 

Sul suo viso segnato dal tempo si dipinge un’espressione soddisfatta.

 

“Sacha, come al solto ha fatto un ottimo lavoro! I miei roseti non sono mai stati così belli.”

“Grazie, Madame Leclerc. Ma il mio è solo un aiuto, è lei a dare alle sue piante tutto l’amore di cui hanno bisogno.”

 

Gongola, visibilmente lusingata.

 

“Oh, che adulatore! Sono certa che lo dice a tutte le signore con cui lavora.”

“Solo a quelle con un sorriso incantevole come il suo” rispondo, con un occhiolino che la fa arrossire ancora di più.

 

Adoro Madame Leclerc, e occuparmi del suo giardino è un vero piacere. Ha il triplo della mia età, ma ha è molto vivace e mi accoglie sempre come se fossi un principe.

 

Purtroppo ho l’impressione che non riceva molte visite, ecco perché di solito mi attardo un po’ a chiacchierare con lei. È la nonna che tutti desidererebbero.

 

“Le ho preparato una buona limonata: con questo caldo non bisogna dimenticare di idratarsi!” mi dice, porgendomi il bicchiere che tiene in mano da quando è uscita.

 

Certo, una nonna ideale, se non fosse per un piccolo particolare: la limonata. È talmente acida che sarebbe ottima per sturare i lavandini. E per qualche motivo che mi sfugge, lei sembra convinta che io ne vada ghiotto. Me la prepara ogni volta che vengo a fare qualche lavoro nel suo giardino.

 

“Ehm… grazie” rispondo, in cerca della scusa perfetta per evitare di corrodermi lo stomaco.

 

Lei mi fissa negli occhi e, nonostante di solito io adori essere al centro dell’attenzione di una donna, preferirei non sentirmi obbligato a tracannare la limonata in un solo sorso.

 

Devo trovare un diversivo.

 

“Non so se è d’accordo, ma cosa ne penserebbe se piantassimo delle ortensie laggiù?”

 

Indico un punto dalla parte opposta del giardino, sperando che si giri.

 

“Ma pensavo che non si piantassero in estate…” risponde lei senza nemmeno guardare il punto che le ho indicato.

 

“Ehm… no in effetti, ma… non è una cattiva idea pensare ai mesi che verranno, tanto per pianificare il lavoro, no?”

 

Per fortuna lei non sa che sono allergico alla pianificazione. È già tanto se riesco a fissare un appuntamento dal dentista con tre settimane di anticipo.

 

E poi, riguardo l’organizzazione, dato quello che è appena successo nella mia vita, diciamo che vivere alla giornata sarà il mio mantra per un po’ di tempo.

 

“Be’…”

“Laggiù, all’ombra. Potrebbero stare bene, no?”

 

Finalmente, con mio grande sollievo, si gira. In quattro e quattr’otto getto il contenuto del bicchiere nell’aiuola accanto a me. La lavanda lancia un grido straziante (non è vero, ovviamente i fiori non gridano, ma se avessero potuto lo avrebbero fatto di certo). Potrei giurare che i gambi siano già un po’ più flosci rispetto a qualche secondo fa.

 

“In effetti non è una cattiva idea…” risponde un po’ incerta Madame Leclerc, con lo sguardo ancora fisso sul fazzoletto di terra su cui forse da qui al prossimo autunno dovrò piantare le ortensie a cui devo la salute del mio stomaco.

“Ascolti, ci pensi un po’ e ne riparliamo tra quindici giorni, quando verrò a tagliare la siepe!”

“Oh, ma certo, non vorrei farle perdere tempo!” risponde,+ con fare premuroso. “È stata una lunga giornata per lei, senz’altro non vede l’ora di tornare a casa!”

“Grazie della limonata, e non si preoccupi, è sempre un piacere scambiare due chiacchiere con lei, Madame Leclerc.”

 

Le rivolgo un ultimo sorriso e salgo sul pickup. Mentre esco in retromarcia sul vialetto, con la fronte imperlata di sudore, ripenso alla sua ultima frase. No, purtroppo non è a casa mia che sono impaziente di tornare, ma, nella situazione in cui sono, devo già ritenermi fortunato ad avere un piano B!

 

Tutt’a un tratto mi sento sfinito. Il mio è un mestiere faticoso dal punto di vista fisico, ma non è questa la principale ragione della mia stanchezza, oggi. Anche se mi sono sforzato di essere sorridente come sempre con i clienti, per tutta la giornata non ho fatto altro che pensare a quello che è accaduto ieri sera.

 

Il mio condominio è esploso.

 

Di solito nessuno pronuncia mai una frase del genere nella vita vera! Succede solo nei film apocalittici.

 

Ma a volte la realtà supera l’immaginazione…

 

***

 

“Benvenuto!”

 

Il sorriso del mio amico Julien, che mi apre la porta del suo appartamento e mi accoglie con un abbraccio, mi fa sentire un po’ meglio. Subito arriva anche Cassandra, la sua ragazza, che mi affretto a salutare calorosamente.

 

“Mi avete salvato la vita.”

“Scherzi?” dice Cassandra. “Non ti avremmo mica lasciato per strada: abbiamo una stanza per gli ospiti che aspetta solo te.”

“Lo so, ma non so come avrei fatto senza di voi. È tutto così… assurdo!”

“Immagino” commenta Julien. “Almeno, per fortuna non eri in casa al momento dell’esplosione.”

“Sì, questo pensiero mi aiuta a ridimensionare le cose. Poteva andare molto peggio… A quest’ora avrei potuto non essere più tra voi.”

“Mi vengono i brividi solo a pensarci” commenta Cassandra, mentre Julien mi dà un’amichevole pacca sulla spalla.

“Vi prometto che non mi tratterrò troppo a lungo qui da voi, in pausa pranzo ho già chiamato qualche agenzia immobiliare. A breve, dovrei…”

 

“Insomma, Sacha, prenditi tutto il tempo che ti serve. Cassandra te l’ha detto: c’è una stanza tutta per te, non serve a nessun altro, quindi tanto vale che te la godi. E poi, non vorrei sembrare pessimista, ma non basterà un paio di telefonate per trovare una sistemazione in piena estate qui in Costa Azzurra.”

 

Faccio un sospiro.

 

“Già. A essere sincero, per ora ho ricevuto solo risposte negative.”

 

Cassandra mi rivolge un sorriso affettuoso.

 

“Non ti preoccupare. Sappiamo che nelle prossime settimane avrai un mucchio di cose a cui pensare, perciò sappi che il nostro invito è sincero. Sei molto importante per noi, e averti qui è un sogno che si avvera.”

 

So di essere benvoluto, ma con quest’ultima frase Cassandra mi sembra un tantino esagerata. Forse lo dice solo per farmi sentire a mio agio.

 

“Vorrei abbracciarvi da quanto vi sono grato. Ma come avrete notato, ho lavorato tutto il giorno sotto il sole, perciò…”

“Certo, vai a farti una doccia prima di farci effusioni” scherza Julien. “Abbiamo pensato che potessero servirti dei vestiti, così te ne ho lasciati un po’ in bagno. Prendili pure. Non è granché, ma meglio di niente. C’è anche uno spazzolino da denti nuovo e altre due o tre cose che potrebbero esseri utili.”

 

Mai avrei pensato che l’idea di una maglietta pulita, seppure non mia, potesse procurarmi un tale sollievo. Oggi mi sono accontentato di un cambio che per fortuna avevo lasciato sul pickup, ma per domani non avrei saputo come fare.

 

“Grazie, ragazzi.”

“Non fare complimenti, Sacha. Vai a fare la doccia. Nel frattempo io e Julien prepariamo da mangiare. Facciamo dei taco, mi pare di ricordare che ti piacciono.”

“A essere sincero, mangerei qualsiasi cosa sia commestibile, ma i tacos mi sembrano il paradiso.”

 

Lascio i miei amici per buttarmi sotto la doccia. Per la prima volta in ventiquattro ore scarico la tensione, anche se non riesco a rilassarmi fino in fondo. Dopotutto, ci sono così tante faccende in sospeso! Immagino che i prossimi giorni saranno un susseguirsi di noiosissime e urgentissime incombenze. E anche se i miei amici sembrano pronti ad accogliermi per un periodo di tempo indeterminato, io non vorrei abusare della loro ospitalità.

 

“Una cosa alla volta, Sacha” mi ricorda una vocina nella mia testa. Lavarsi, mangiare e, con un po’ di fortuna, dormire per qualche ora. Domani sarà un’altra lunga giornata e mi piacerebbe poter riposare un po’, ma non posso rallentare i ritmi di lavoro. Nelle prossime settimane avrò una montagna di spese e ogni centesimo guadagnato sarà prezioso.

 

Per fortuna adoro il mio lavoro. Non è certo quello che sognavano i miei genitori. Loro avevano grandi ambizioni per me: mi vedevano medico, avvocato, ingegnere. Bastava che si trattasse di un mestiere noioso ma prestigioso. Così, il giorno in cui gli ho comunicato la mia decisione di diventare giardiniere, per poco non hanno avuto un infarto. Mia madre è andata in iperventilazione. Mi hanno chiesto se stessi scherzando, precisando subito che, in quel caso, sarebbe stato uno scherzo di pessimo gusto.

 

Non era affatto uno scherzo.

 

Finalmente avevo trovato una cosa per cui mi sentivo portato e il mio obiettivo era uno solo: essere felice.

 

Passare tutta la giornata all’aria aperta è perfetto per me. Anche se ora mi viene da aggiungere una postilla: la giornata sì, ma non la notte. Lavorare con la natura come unica compagna non è meraviglioso? Prendersi il tempo di veder crescere i frutti della propria fatica, adeguarsi ai loro ritmi: non c’è niente di più bello.

 

Alla fine i miei l’hanno accettato, non avevano alternative. Ma mi capiscono? Non penso proprio.

 

Pazienza, tanto mi sono trasferito a qualche centinaio di chilometri da loro e non mi dispiace per niente. Ci vediamo così di rado che, quando capita, non passano il tempo a rimproverarmi. A dire il vero non gli ho nemmeno raccontato dell’incendio. A cosa sarebbe servito? A fare in modo che mi proponessero di tornare a vivere da loro? No, grazie.

 

Al di là dei nostri rapporti, ormai la mia vita è qui, in Costa Azzurra. Ho un giro di clienti, degli amici, ed è fuori discussione che io ricominci daccapo altrove. Se mai dovessi andarmene, sarebbe per qualche progetto più grande, più folle. Un giro del mondo, magari. Avrei il coraggio di farlo? Chissà. Ma una cosa è certa: data la situazione attuale, questo sogno non si realizzerà a breve.

 

“Va meglio?” mi domanda Cassandra, quando raggiungo lei e Julien in cucina.

“Sì, decisamente. Grazie.”

 

Julien mi dà una pacca sulla spalla.

 

“Smettila di ringraziarci. Sono certo che, se fossi stato nei nostri panni, avresti fatto esattamente lo stesso.”

“Certo, ma avremmo dovuto dormire in tre nel mio letto, perché il mio appartamento è molto più piccolo di questo.”

“Chissà, forse ci saremmo divertiti” scherza Cassandra. “Forza, mettiamoci a tavola: devi avere una fame da lupi.”

 

Il mio stomaco sceglie questo preciso istante per emettere un gorgoglio che ci fa scoppiare tutti e tre a ridere. Divoro i tacos e mi sento crollare addosso tutta la stanchezza della giornata e dell’assurda situazione in cui mi trovo. Ma i miei ospiti non sembrano avere fretta di andare a dormire, così mi sforzo di partecipare alla conversazione.

 

“Domani sentirò altre agenzie per trovare al più presto una sistemazione. So che non sarà semplice, ma devo darmi da fare se voglio che qualcuno mi chiami non appena si libererà un appartamento in affitto.”

 

C’è un momento di silenzio. Julien e Cassandra non rispondono, ma si scambiano un’occhiata come se stessero per fare un annuncio importante.

 

Comincio a preoccuparmi un pochino. E se, nonostante tutte le loro rassicurazioni, stessero per confidarmi che non vorrebbero che restassi troppo da loro? Forse preferiscono stare un po’ tranquilli, solo loro due. Forse stanno per ricevere la visita di una vecchia zia in vacanza sulla Costa Azzurra e hanno bisogno della camera degli ospiti. Forse gli serve per qualcos’altro: farci un ufficio, metterci un bambino, allestire una sala giochi, una camera sadomaso o un santuario per nani da giardino (o da balcone, nel loro caso).

 

“Sai, io e Julien ne abbiamo parlato a lungo e a dire il vero pensavamo di proporti di passare più tempo con noi…”

“Ci dispiace per quello che è successo, ovviamente, ma ci è sembrato un segno del destino” aggiunge Julien.

“Non ci disturbi per niente se rimani qui per un periodo prolungato, anzi. È da un po’ che vogliamo aprirci, non confinarci nella nostra coppia. Non è una cosa da prendere alla leggera, per questo abbiamo aspettato. Ma ora penso che siamo pronti.”

 

Julien aggiunge:

 

“Ci conosciamo da tanto tempo ormai, e stiamo tutti e due molto bene con te. Abbiamo pensato che potresti essere tu la persona giusta a trasformare il nostro duo in un trio. Che ne pensi?”

 

Rimango senza parole. Già mi sembrava una fortuna essere ospitato per qualche giorno o per un paio di settimane, ma non avrei mai immaginato che mi proponessero di diventare loro coinquilino! Mi sembrava che nessuno tra i miei amici avesse voglia di condividere un appartamento, ma se loro sono pronti a farlo…

 

“Siete sicuri che sia quello che desiderate?”

 

Si scambiano un’occhiata e sorridono. Sono davvero una bella coppia e, a quanto pare, la loro non è una proposta dettata da un momento di impulsività.

“Certo, pensiamo di essere pronti a fare questo passo” dice Julien, dando un bacio sul dorso della mano a Cassandra. “E tu?”

“Be’, mi sembra un’idea fantastica! Mi trovo benissimo con voi, e poi, a essere sincero, l’appartamento è perfetto. Mi piace un sacco questa zona.”

“E oltretutto facciamo degli ottimi tacos” aggiunge Julien.

“Esatto! Da me non aspettatevi grandi manicaretti, ma posso darmi da fare. E di sicuro posso occuparmi di quelle povere orchidee che si stanno afflosciando nel loro vaso!”

 

Ridono tutti e due.

 

“Allora lo prendiamo come un sì?” conclude Cassandra.

“Ovvio che è un sì!”

 

Sorridiamo tutti a trentadue denti. Condividere un appartamento con due amici così speciali sarà splendido! E poi mi permetterà di risparmiare un bel po’.

 

“Davvero, ragazzi, è… fantastico. Non potete neanche immaginare quanto sia sollevato. Io…”

“Non devi ringraziarci, siamo noi a essere felici che tu abbia accettato. Temevano che trovassi la nostra proposta un po’ strana” dice Julien.

“No, invece, mi sembra un’idea pazzesca. Non so cosa dire, sono al settimo cielo.”

“Anche noi” dice Cassandra.

“Ora scusatemi, ma devo proprio andare a dormire. Mi piacerebbe passare ancora un po’ di tempo con voi, ma forse sto accusando il colpo di tutto quello che è successo nelle ultime ore.”

“Ah.”

 

La delusione sul viso di Cassandra è evidente, ma ci tiene a rassicurarmi.

 

“Ti capiamo, sarai distrutto.”

“Rimedierò al più presto” dico, facendole l’occhiolino.

 

Lei arrossisce. A quanto pare, come le vecchiette per cui lavoro, non è indifferente al mio fascino. Sarà meglio che faccia attenzione: non vorrei mai che qualcuno di noi si senta a disagio. Julien è uno dei miei più cari amici e non vorrei che pensasse che ci provo con la sua ragazza. Soprattutto adesso che abbiamo deciso di vivere insieme.

 

Mi scuso e ritorno nella stanza che d’ora in poi sarà la mia. Nell’appartamento in cui abitavo fino a ieri, un monolocale, non avevo nemmeno una camera da letto vera e propria. Certo, per ora non ho molto da metterci dentro, ma dato che ho una certa tendenza all’accumulazione non credo che rimarrà vuota ancora per molto.

 

Mi infilo sotto le lenzuola con una sensazione di pace interiore. Nel giro di poche ore sono riuscito a risolvere il mio problema più grande. Tutte le altre cose sembrano bazzecole in confronto. Compilare qualche scartoffia? Comprare dei vestiti? Chissà, forse tutto si sistemerà da sé, come è stato nel caso dell’alloggio! D’accordo, sembra un’utopia, ma sognare un po’ non fa mai male, no?

 

E non so se stia già sognando, ma in un attimo mi addormento.

 

***

 

Un rumore sordo.

 

È quello che mi ha svegliato no? Intorno a me è tutto buio. Impiego qualche secondo a ricordarmi dove mi trovo. Da Cassandra e Julien. Cioè… a casa mia, posso dire.

 

Non c’è nessuna sveglia e il mio telefono è sulla scrivania, fuori dalla mia portata. Perciò non ho idea di che ore siano. Ma sono sicuro che non sia ancora il momento di alzarsi.

 

Ero così impaziente di buttarmi nel letto che non mi sono nemmeno preso la briga di tirare le tende. E così vedo la luna, ancora alta nel cielo.

 

Sento un altro tonfo, come se qualcosa fosse caduto per terra. Viene dal salotto, pare.

 

Ormai sono completamente sveglio e ho molto caldo. Quand’è che ho pensato che fosse una buona idea andare a letto con le finestre chiuse in piena estate?

 

Mai, a dire il vero. Ero troppo stanco per chiedermelo. Non ho nessuna voglia di uscire dal letto, ma so che, se non lo farò, non sarà semplice riaddormentarmi. Già che ci sono, tanto vale aprire la finestra.

 

Mi alzo e guardo l’ora sul telefono: le 2.30. Notte fonda, proprio come pensavo. Spingo la maniglia e socchiudo la finestra. L’aria non è proprio fresca, ma mi dà comunque sollievo sulla pelle nuda e sudata del mio petto.

 

Ora che sono in piedi, non sarà il caso di andare in cucina a bere un bicchier d’acqua? Faccio per aprire la porta della mia stanza, attento a non fare rumore, quando sento delle voci.

 

Cassandra e Julien sono ancora svegli?

 

Apro e tendo l’orecchio. Sento altri rumori. Ma dando un’occhiata al corridoio che porta alla loro stanza, non vedo nessuna luce filtrare da sotto la porta.

 

Però sento dei sussurri. E questa volta sono certo che non sia un sogno.

 

All’inizio penso che qualcuno stia guardando la televisione, ma poi mi accorgo che provengono dalla cucina.

 

Esco dalla stanza e sento il pavimento fresco sotto i piedi.

 

Altri rumori. Mi blocco. Non saranno mica dei ladri? Sarebbe davvero il colmo, dopo tutto quello che è successo!

 

Subito ritorno in me, anche perché mi accorgo che la luce in cucina è accesa. Uno dei miei coinquilini deve aver avuto sete o fame ed essere andato a cercare qualcosa in frigo.

 

Un gemito. Che strano.

 

Julien deve aver trovato i tacos avanzati e ora si starà godendo un gustoso spuntino.

 

In effetti erano davvero squisiti.

 

Lo raggiungerò. Dopotutto è uno dei vantaggi di condividere un appartamento con gli amici: se non si riesce a prendere sonno, si può fare una bella chiacchierata alle due del mattino.

 

Ma quando supero la soglia della cucina rimango impietrito.

 

Spalanco gli occhi, sbalordito.

 

La scena che mi trovo davanti è molto diversa da quella che mi sarei aspettato.

 

E la domanda del mio nuovo coinquilino è ancora più sorprendente!

 

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