Bandalbanji - Contemporary Romance
Min Suah, perseguitata dalla sfortuna, cerca di sfuggire alla morte da troppo tempo. In cerca di pace, si ritira in una casa di riposo dove trova conforto tra i residenti. Un giorno, un uomo freddo la salva da un incidente, … altro
Non lasciare alcuna traccia. La saprò leggere.
Non potrò trattenermi dal cercarti, compagna mia, quindi, ti prego…
Fai in modo che non possa trovarti.
“Sì, le ho inviato una mail. Nessun problema, avevo un’altra cosa da finire e sto per andare via.”
Dopo aver riattaccato il telefono, Suah fece un respiro profondo e si guardò intorno nell’open space. La maggior parte dei suoi colleghi aveva lasciato l’ufficio già da un’ora, soltanto in pochi si aggiravano ancora nell’edificio.
Mentre metteva via le sue cose, abbassò lo sguardo sulla blusa che indossava. Mezz’ora prima, un uomo l’aveva urtata nel corridoio versandole addosso una tazza di caffè. Le aveva dato il suo biglietto da visita, promettendole di pagare lui la lavanderia, ma Suah aveva rifiutato l’offerta dopo aver visto che era ospite di uno dei dirigenti della società.
[Fondazione HH]
Suah mise il biglietto in uno dei cassetti e si alzò. Stava morendo di fame ed era già in ritardo per cenare con sua madre. Almeno era riuscita a chiudere un ordine urgente e si consolava sperando che le avrebbe fatto guadagnare punti con i suoi superiori.
Per fortuna, l’ascensore la aspettava nel corridoio. Tuttavia, proprio quando stava per precipitarvisi dentro, il cartello “Ispezione in corso” la fece indietreggiare bruscamente.
C’era mancato un pelo! Ma come gli era venuto in mente di lasciare le porte aperte?
Con il cuore a mille, si diresse verso le scale di emergenza e iniziò a scendere lentamente, un gradino dopo l’altro. La prudenza era essenziale, dato che la sfortuna la perseguitava.
Quella mattina le avevano già rovesciato addosso del caffè, ma doveva stare attenta alle auto sulla strada di ritorno, evitare di restare fulminata ed eventuali incendi… L’edificio era solido? Era recente, certo, ma dopo la disavventura con l’ascensore, non si sentiva tranquilla.
Gli incidenti più o meno gravi che si erano susseguiti nelle ultime settimane l’avevano resa più vigile che mai: era costantemente all’erta. La sua era stata una vita normale, fino a quel momento. A parte la morte prematura del padre, un uomo affettuoso, non aveva mai avuto nessuna difficoltà particolare. Si era impegnata molto a scuola, era entrata in un’università valida e aveva trovato un lavoro in una grande azienda dove era stata promossa poco dopo. Voleva fare anche un viaggio all’estero l’anno successivo.
Suah era convinta di avere davanti un futuro semplice ma felice, che si sarebbe fatta una famiglia per poi invecchiare serenamente, circondata da persone premurose.
Tuttavia, da qualche mese, la sua vita era appesa a un filo.
Per poco un moto non l’aveva investita. Era scivolata sulle scale e aveva rischiato di finire sulle rotaie della metro. Un vaso di fiori caduto da un davanzale le si era quasi schiantato in testa.
All’inizio, aveva creduto si fosse trattato di una serie di coincidenze sfortunate, ma la iella continuava a stravolgerle le giornate. In seguito a un incidente tra il suo autobus e un camion, una linea elettrica era stata tranciata e l’aveva quasi fulminata. La settimana precedente, sui giornali era uscita la notizia della caduta di un aereo a causa di un malfunzionamento meccanico… Aereo che avrebbe dovuto prendere se il suo viaggio d’affari non fosse stato annullato.
La giovane donna aveva rischiato la morte più volte, al punto di arrivare a considerarsi fortunata di essere incolume e in salute.
“Ma alla fine morirò di sfinimento, a forza di tentare di sopravvivere…”
Suah doveva scendere ventitré piani. Aveva già il fiato corto e le gambe doloranti. Ma doveva concentrarsi per arrivare alla fine delle scale strette tutta intera.
Una volta fuori, analizzò attentamente la strada.
E la paura la pervase.
Qual era la probabilità di finire investita da un’auto mentre era alla fermata dell’autobus? Si stava figurando talmente tanti modi in cui sarebbe potuta morire da non riuscire a fare neanche un passo.
Per una donna nel fiore degli anni, morire doveva essere solo una prospettiva lontana. Ciononostante, la morte le lambiva costantemente i piedi, come un’onda marina. Suah aveva paura. Era terrorizzata. Se si fosse trattato di un pericolo specifico, avrebbe potuto proteggersi. Ma, davanti a quella sfortuna imprevedibile, non sapeva come difendersi. Desiderava solo essere già a casa sua, sana e salva.
Ma nemmeno il suo appartamento era un luogo sicuro. La settimana prima, era scoppiato un incendio in camera sua a causa di un corto circuito. Ormai dormiva in una tenda piantata in sala.
No, Suah non si era spaccata la schiena a studiare e a lavorare per vivere così. Scosse la testa con decisione, con i pugni e i denti serrati, cercando di mandare via la paura alla quale si era abituata. La cosa che la frustrava di più era proprio non poter fare nulla.
Tutti muoiono, prima o poi. Doveva cogliere l’attimo e non abbassare la testa sperando di essere felice più avanti. L’aveva capito quando era morto suo padre.
“Bene, raggiungiamo la mamma. Poi chiederò a un’amica di bere qualcosa davanti a un bel piatto di pollo fritto. E poi…”
“Signorina Min, entra per caso?”
“Cosa? Ah!”
Suah, che stava borbottando tra sé e sé, si girò di scatto sentendosi chiamare. Era Mr. Kim, il vice manager del secondo team di pianificazione, accompagnato dai suoi colleghi.
“Scusi se l’ho spaventata! Stiamo andando a cena, si vuole unire a noi?”
Suah si passò la mano tra i capelli come se niente fosse e gli sorrise ostentando una finta delusione:
“Ho già un impegno, purtroppo. Per farmi perdonare, offrirò il pranzo domani a tutto il team. Ci tengo a ringraziarvi per il grande impegno sul nostro progetto in comune.”
“Ma certo, il capo voleva giusto parlarle di questo. Pensa che lei lavori decisamente troppo. In ogni caso, a domani!”
Suah salutò il gruppo, ma mentre camminava verso la fermata dell’autobus, si bloccò: avrebbe dovuto menzionare la mail di prima. Guardò il vice manager allontanarsi, indecisa se raggiungerlo o meno per dirglielo, quando un uomo alto apparve all’improvviso davanti a lei.
“Santo cielo!”
Per la sorpresa, Suah si scostò di scatto, per poco non cadde all’indietro. La borsa le scivolò dalle mani.
L’uomo apparso dal nulla restò immobile, finché lei non si piegò per recuperare le sue cose. Nonostante il suo fisico attraente, lei lo trovava rozzo e il modo in cui la guardava le faceva venire una strana pelle d’oca.
Perché stava lì fermo a fissarla? Poteva spostarsi o scusarsi, insomma! Oh…
Proprio quando stava per rialzarsi, Suah si immobilizzò vedendo delle gocce rosso scuro cadere a terra: scorrevano dalle lunghe dita pallide dello sconosciuto. Avvicinandosi, si accorse che una macchia cremisi impregnava la manica della sua camicia bianca.
Era ferito?
Quando alzò gli occhi per guardarlo, il mondo si adombrò, come se il cielo fosse coperto da spesse nuvole grigie. Qualcosa di enorme stava venendo giù dall’alto, dritto sulle loro teste.
“Attenzione!” esclamò Suah, tirandosi dietro l’uomo.
Si udì un frastuono assordante e il suolo tremò. Un turbinio di polvere e di macerie sferzò il viso di Suah. L’onda d’urto l’aveva sbalzata a terra. Si rialzò subito per guardarsi intorno.
Si trovò davanti una scena infernale. Urla disperate risuonavano da ogni angolo.
“Che orrore…”
La strada non era neanche lontanamente simile a qualche attimo prima. Un gigantesco pannello pubblicitario giaceva nel bel mezzo del marciapiede. Si intravedevano delle sagome intrappolate sotto. Tutt’intorno, le persone ferite dalle schegge di metallo sanguinavano in preda a gemiti di dolore. Si sentì una voce stridula gridare:
“Aiuto!”
Suah tremava come una foglia. Doveva fare qualcosa, ma si sentiva completamente incapace.
“Per favore… Qualcuno mi aiuti!”
Era in preda al terrore. Non riusciva nemmeno a guardare quella scena terrificante, figuriamoci soccorrere le vittime.
Quell’incubo avrebbe mai avuto fine?
Basta, per favore. Qualcuno lo faccia finire. Suah chiuse gli occhi e pregò con tutte le sue forze chiunque fosse disposto ad ascoltarla.