Francesca C. Cominelli - Contemporary Romance
Sul piovoso isolotto di Cherryholde, Rosaspina Lovegood vive nascosta nella sua biblioteca, dove un solo battito d’emozione potrebbe condannarla al sonno eterno. L’arrivo di Tristan Dorian Evil, erede della casata rivale, infrange la sua quiete: tra segreti, baci proibiti e … altro
C’erano una volta due bambine nate nello stesso istante, due gemelle che più diverse non avrebbero potuto sembrare.
Le attendeva un destino scritto ancor prima del loro primo respiro: la primogenita promessa in sposa, il loro sangue legato a un trono.
Ma nelle storie, persino in quelle che parlano di re e regine, i destini si spezzano.
Una minaccia calò sul castello e i genitori, temendo per loro, decisero di nasconderle lontano da occhi indiscreti.
E da allora nessuno seppe più nulla delle principesse.
I loro nomi vennero quasi dimenticati. Nessuno osò pronunciarli troppo forte.
Perché su uno di quei nomi aleggiava un’antica maledizione: spine pronte a pungere, a lacerare, a reclamare ciò che un giorno sarebbe stato tolto.
Il tempo passò e con esso i ricordi si fecero labili, come sogni sfocati.
Le bambine crebbero ignare del destino che le attendeva.
Ma ogni fiaba che si rispetti ha un lato oscuro.
E questa, come già avrete capito, non è una fiaba come le altre.
Non è proprio una fiaba.
***
In ogni storia che si rispetti ci sono le sorelle buone e quelle cattive. Io, secondo gli abitanti di Cherryholde, sono la cattiva. Non perché abbia mai fatto nulla di malvagio, ma perché il mio senso dell’umorismo non prevede zuccherini e carezze.
Il sarcasmo è il mio superpotere: funziona come un tappo sui barattoli che tengo dentro e non sempre viene compreso. È la mia maschera, la corazza che mi sono costruita negli anni.
Per me è sopravvivenza, ma gli altri non lo capiscono.
E la gente, si sa, ciò che non capisce lo teme. Non è colpa mia se nessun altro parla la mia lingua.
D’altronde quando cresci con la paura di provare emozioni troppo forti impari ad anestetizzarle, diventi una specie di robot e tutti ti stanno alla larga. Non che sia un problema per me, meno rischi per la mia salute.
Aurora, invece, è la sorella buona, nonché mia gemella. Lei è sempre sorridente e accomodante con chiunque le sta attorno. Con quei capelli biondi che le incorniciano il viso dai tratti dolci, sembra uscita da una fiaba. Appena Aurora entra in una stanza, è come se la illuminasse. Tutta l’attenzione è calamitata su di lei.
Io, con i capelli neri e un viso affilato, sono l’opposto. Giorno e notte. Sole e tempesta. L’unica cosa che condividiamo davvero sono gli occhi: due pozze grigie che, all’occorrenza, sanno farsi minacciose come un temporale.
Nonostante le differenze, io e Aurora ci guardiamo le spalle. Non saprei che fare senza di lei, recluse in questo paesino sperduto. Da quando i nostri genitori sono morti in un incidente d’auto, viviamo con le zie, in una vecchia casa al limitare del bosco.
Mentirei se dicessi che non mi mancano, ma la verità è che il loro volto ormai mi sfugge: lineamenti sbiaditi, come fotografie scolorite dal tempo. Eppure, di tanto in tanto, mi assalgono frammenti strani. Scalinate, corridoi troppo vasti per appartenere a un sogno d’infanzia. Non so se siano ricordi dimenticati o soltanto illusioni che la mia mente ha cucito addosso a me.
Le zie ci raccontavano spesso quanto i nostri genitori fossero amati a Cherryholde e come l’intera comunità ci avesse accolto a braccia aperte. Noi due eravamo state subito benvolute; erano le zie a non godere di grande simpatia. Troppo eccentriche, troppo bizzarre nei modi e nelle parole, vivevano – e vivono tuttora – appartate nella vecchia casa di pietra grigia al limitare del bosco, ricoperta di rose rampicanti che sembrano volerla inghiottire.
I primi anni io e Aurora non abbiamo quasi mai messo piede in paese. Le zie ci tenevano confinate nella casa delle spine e, crescendo, le cose non sono cambiate poi molto. Continuavano a ripeterci che gli spiriti del bosco dovevano imparare a conoscerci e accettarci, prima di darci il permesso di calpestare la loro terra. E noi, a cinque anni, credevamo a ogni loro parola.
Quella loro stravaganza, però, è bastata ad alimentare i pettegolezzi degli abitanti. Ogni volta che vedevano il fumo uscire dal camino si convincevano che stessero bollendo pozioni, o che parlassero con presenze invisibili. Fesserie, naturalmente.
Le zie non sono streghe, solo donne eccentriche con la lingua troppo lunga e un debole per le storie fantastiche. Ma il paese, si sa, trasforma le stranezze in leggende, e le leggende in paure.
Per anni siamo cresciute così, isolate. Abbiamo studiato a casa fino al quinto anno di liceo. Le zie sono persone molto colte e ci hanno insegnato tutto quello che sappiamo.
Poi un giorno hanno deciso che potevamo uscire e frequentare la biblioteca. Tre volte a settimana c’erano degli incontri per gli adolescenti, una sorta di club di lettura a cui sia io che Aurora eravamo molto contente di andare.
È stato allora che ho avuto la mia crisi più grave: barattoli sul punto di esplodere, emozioni ingestibili. E tutto per una banale cotta.
Durante gli incontri ho conosciuto un ragazzo, Brady, molto carino e amante di Lovecraft, come me. Parlavamo per delle ore di libri e si è insinuato sempre di più nella mia testa, oltre che nel mio cuore.
Un giorno mi sono fatta coraggio e gli ho chiesto se volesse uscire con me, quando all’improvviso tutto ha iniziato a vorticare e sono caduta in un sonno profondo.
Ci sono voluti un paio di giorni perché mi risvegliassi.
Da allora le zie hanno fatto di tutto per impedirmi di provare ogni sorta di emozione. Dalla rabbia alla tristezza, persino il dolore. Per non parlare dell’amore, quello era escluso a priori. Ogni volta che dovevo uscire per andare in biblioteca, non facevano che ripetermi le stesse parole: “Ricordati, Rosy: ingoia le emozioni”.
Era diventato un mantra, ormai faceva parte di me e a volte capita che me lo ripetano ancora.
Tutto ciò non ha fatto altro che alimentare i pettegolezzi della gente. La bambina arrivata con i Lovegood era sparita, sostituita da una versione aggiornata: sarcastica, saccente e allergica a qualsiasi emozione. Una maledizione, secondo loro. Una strategia di sopravvivenza, secondo me.
Gli unici amici che ho sono i libri della Thorns & Tomes, la mia biblioteca. Ironico come il nome richiami il mio lato pungente. Peter me l’ha lasciata in gestione e io mi occupo di tutto, con l’aiuto di Aurora.
Nonostante tutto, però, stiamo bene qui. Cherryholde è un piccolo paese, perlopiù di vecchietti, la cui aspirazione più grande è vincere le partite di bridge all’Ink Pot, la caffetteria dall’altro lato della piazza.
Ci sono anche famiglie con piccoli nanerottoli avidi di letture e alcuni nostri coetanei che non sono partiti per l’università, ma preferiscono starci alla larga. Quando eravamo adolescenti, dopo il mio episodio, mi hanno additata come la stramba, perciò vengono in biblioteca solo per prendere i libri in prestito e mai per scambiare quattro chiacchiere. E a me sta benissimo così.
Qui siamo al sicuro. Almeno questo è quello che continuano a ripeterci le zie. Al sicuro da chi o cosa non lo so, ma mi fido di loro. Finora ci hanno cresciute senza troppi drammi, è giusto dargli retta.
E se non fossimo venute a Cherryholde non avrei mai scoperto questo angolo di mondo, con la sua biblioteca straordinaria e i misteriosi libri che nasconde.
Sto finendo di sistemare alcune fiabe riconsegnate questo pomeriggio, quando sento il campanellino della porta tintinnare. E subito dopo la voce di mia sorella urlare il mio nome.
“Rose! Rose, dove sei?”
Dannazione, ma è impazzita?
“Aurora, sono qui.”
“Qui dove?”
Sento i passi avanzare sul parquet consunto.
“Dietro lo scaffale delle fiabe” ribatto per poi aggiungere: “E non dovresti urlare in questo modo, spaventi i libri”.
“Hai ragione, Spina” calca il tono sul nomignolo che sa che odio.
Alzo gli occhi al cielo. “Vieni qui e dimmi che succede.”
“Okay, arrivo.” Inizia a correre, lo capisco dal rumore leggiadro simile a un T-Rex a caccia. Prima di mia sorella arriva la sua chioma bionda. Sembra come sospinta da un vento perenne.
“Che ti prende? Perché tanta fretta?”
Le gote sono arrossate, in netto contrasto con la pelle diafana. Ha il fiatone, come se avesse corso fino alla biblioteca, ovunque si trovasse prima. “Non hai sentito la notizia?”
“È da stamattina che non esco da qui, a volte sembra che i libri abbiano vita propria e si spostino da uno scaffale all’altro” borbotto. “Che notizia?”
“Oh, mio Dio, sto per perdere un polmone. Dammi un attimo.” Mia sorella si affloscia su uno degli scaffali che racchiudono le nostre fiabe preferite per prendere fiato. Solo quando il suo respiro ritorna a un ritmo regolare, riprende a parlare. “ È arrivato qualcuno.”
Mi fermo con un libro a mezz’aria. “Qualcuno?”
“Sì, qualcuno.”
“Non potresti essere più specifica?”
“Lo sarei se sapessi di più. Ero in coda all’Ink Pot e ho sentito dire dalle pettegole… No, non fare quella faccia, sai quanto sono affidabili.”
“Come le nostre zie in cucina.” Spoiler: non lo sono affatto. A cinque anni stavano per avvelenarci con dei funghi raccolti nel bosco. A quanto pare gli spiriti non avevano ancora dato il consenso a raccogliere i frutti della loro terra.
Aurora minimizza scrollando una mano. “Comunque, hanno detto che è arrivato un qualcuno.”
Alzo il sopracciglio. “Sai bene quanto Serenella e Prou si divertano a mettere in giro voci non sempre affidabili.”
Sono due sessantenni con la passione di ficcanasare dove non devono e dire cose che non devono. È un miracolo che nessuno le abbia ancora minacciate.
“Questa volta sono affidabili.” La sua mano cerca la mia. Alzo lo sguardo su di lei e la vedo davvero preoccupata. “Nella vecchia casa all’angolo di Main Street si sono accese le luci.”
Fisso mia sorella senza fiatare. Mi costringo a non spalancare la bocca, ma lo stupore è tanto.
Su quella casa circolano voci più assurde che sulla nostra. Si vocifera sia casa di reali caduti in disgrazia per una misteriosa maledizione (sì, anche loro, le maledizioni vanno di moda a Cherryholde). Che abbiano un figlio, un principe erede al trono, di una cattiveria mai vista prima. Si dice che sia destinato a sposare una principessa per ristabilire il suo buon nome e, se lei si rifiuterà, la ucciderà. I più audaci hanno confermato di averlo visto aggirarsi nel bosco con un segugio infernale.
“Vedrai che non sarà nessuno di interessante. Chi mai verrebbe a vivere a Cherryholde? Solo qualcuno intenzionato a nascondersi.”
“O a stanare la sua principessa.”
Non commento. Ci limitiamo a fissarci e stringerci la mano.
Qui siamo al sicuro.