La neve, noi e un po’ di punk - Webnovel - Narae

La neve, noi e un po’ di punk

Erika Boyer - Contemporary Romance

Sally torna nel paese natale per la prima volta dall’adolescenza, per trascorrere le feste con la nonna. Nessuno, però, è al corrente della sua transizione di genere. Nei ricordi di tutti è ancora il nipote di Margot… che dieci anni … altro


40 Episodi

Episodio 1

 

Gabriel

 

Faccio un passo indietro, le braccia incrociate, gli occhi fissi sul lavoro finito, ed esibisco un sorriso soddisfatto.

 

Magnifico.

 

“Cos’è?”

 

Mi volto quando sento la mia voce preferita. Un mini-me è lì, che si strofina gli occhi.

 

Charlie si è appena alzato e indossa ancora la sua tutina preferita. Un regalo di Margotte, come chiama la nostra vecchia vicina. Ha nove anni, ma si rifiuta di dormire con qualcosa di diverso da quel tipo di pigiama.

 

Non gli piacciono i motivi che si trovano nei negozi, ha uno stile tutto suo… un po’ simile al mio, ma leggermente meno cupo e, ovviamente, senza tatuaggi né piercing; così Margot gliene ha cucite diverse su misura.

 

Questa è perfetta per la festa in arrivo: rossa nella metà inferiore, bianca in quella superiore, con una renna nera che tiene una chitarra al centro…

 

Natale, ma più stiloso!

 

Il look è completato da Lolita, il suo coniglio bianco con una croce al posto di un occhio, una cicatrice sulla pancia, un cuore rosso disegnato sul petto e un collarino nero.

 

Trovo mio figlio assolutamente adorabile. Oggettivamente, è il bambino più carino del mondo. E come sempre quando lo vedo, devo trattenermi dal prenderlo in braccio e stritolarlo di coccole.

 

“Papà?”

 

Mi sciolgo ogni volta che mi chiama papà, anche se lo fa da anni?

 

Assolutamente sì.

 

Ma è cresciuto, quindi cerco di non soffocarlo con il mio amore.

 

O con i miei abbracci.

 

Mi trattengo e rispondo alla sua domanda iniziale.

 

“Il nostro albero di natale.”

“No.”

“Come sarebbe, ‘no’?”

“Non è un abete di Natale.”

“Certo che sì, l’ho tagliato io stesso, ti assicuro che è un abete. E con le decorazioni diventa un albero di Natale.”

“Sei andato nel bosco qui accanto?”

 

Annuisco, orgoglioso di me e della sorpresa. Ma quando Charlie posa Lolita e sospira, so che sta per spiegarmi perché non dovrei esserlo.

 

“Primo: non si può fare, il proprietario non sarà contento se gli rubi gli alberi. E secondo: qui da noi non ci sono abeti, ci sono pini.”

“Pini, abeti… cosa cambia?”

“Appartengono alla stessa famiglia, le pinacee, ma hanno aghi e forme diversi.”

 

Guardo di nuovo quello che a quanto pare è un pino di Natale. È un albero verde con gli aghi: per me è la stessa cosa.

 

Per mio figlio no.

 

E se dice che non è la stessa cosa, allora non lo è.

 

“Sei davvero intelligente!”

“Mi hai regalato un libro sugli alberi.”

 

Lo dice come se fosse questa l’unica spiegazione...

 

“Avrei dovuto leggerlo anch’io… Comunque, a parte l’errore di specie, le decorazioni non sono male, vero?”

“Mmh…”

 

Conosco mio figlio come le mie tasche: so che non osa dire quello che pensa, e non lo fa perché non vuole ferirmi.

 

È un bambino profondamente gentile, anche se molti fanno fatica a rendersene conto. Ci somigliamo sotto diversi aspetti, ma lui è molto meno a suo agio di me con gli altri.

 

Da piccolo avevo un sacco di amici. Ho sempre saputo comunicare con le persone, al contrario di lui che si apre davvero solo con pochi compagni, con Margot e con me.

 

Perfino con sua madre è piuttosto chiuso. Ma è normale, visto che quasi non la vede; lo ha completamente abbandonato e quindi lui non si fida di lei.

 

Per quanto mi riguarda, voglio che continui a credere nella nostra relazione e nell’amore che provo per lui. Anche se non vincerò mai il premio di padre dell’anno, ci tengo che possa essere sé stesso con me.

 

Con questo in mente, mi accovaccio e gli passo una mano rassicurante tra i capelli.

 

“Sai che con me puoi essere sincero, vero? Non mi offendo, Charlie.”

“È brutto.”

 

Non gli ci è voluto molto più della certezza di poter dire ciò che vuole per spiattellarmi la verità in faccia…

 

Non posso farci niente: scoppio a ridere. Poi, completamente rimbambito da quanto lo amo, getto via ogni autocontrollo e lo stringo forte.

 

“Cerca solo di usare parole più gentili se parli con qualcun altro.”

“Ricevuto.”

 

Detto questo, mi abbraccia al collo.

 

Finalmente, il nostro abbraccio del mattino!

 

Il mio pino-abete è dimenticato. Siamo solo a novembre, ho tempo per trovare una soluzione per rendere la casa ben decorata… e tutta la mia attenzione è per il bambino che ho tra le braccia e che amo più di ogni altra cosa al mondo.

 

Gli bacio i capelli neri come i miei, poi la fronte, e infine il neo sotto l’occhio sinistro, identico a quello che ho io. È mio figlio biologico, non ci sono dubbi.

 

Avevamo solo quattordici anni quando sua madre è rimasta incinta: due ragazzini delle medie neanche innamorati, convinti stupidamente che senza preservativo non ci fosse rischio purché ci si ritirasse prima dell’eiaculazione.

 

Non capisco ancora come abbia potuto essere tanto idiota. I miei genitori non parlavano di sesso con me, ma a scuola ho avuto delle lezioni: non ho nessuna scusa valida.

 

Rimpiango la mia stupidità, non il risultato. Charlie mi ha completamente cambiato la vita e, contrariamente a ciò che mi dicevano, lo ha fatto in meglio.

 

Se non li detestassi, potrei quasi ringraziare i genitori di sua madre per averle impedito di abortire. Secondo loro, Dio non l’avrebbe tollerato.

 

Per abbandonare il bambino tra le mie braccia dopo la nascita, invece nessun problema…

 

Non credo che abbiano letto bene la Bibbia, ma poco importa.

 

Ho dovuto studiare e occuparmi di mio figlio allo stesso tempo. Ho dimenticato per un po’ cosa fosse una vera notte di sonno. I miei genitori hanno adempiuto ai loro obblighi solo fino alla mia maggiore età, poi hanno abbandonato anche noi due.

 

Non è stato sempre facile.

 

Eppure, Charlie è la mia più grande felicità.

 

Davvero, non mi posso lamentare: ho un bambino incredibile, una vicina d’oro, una casa gratuita che i miei mi hanno lasciato prima di trasferirsi dall’altra parte della Francia (se non è gentilezza questa!) e un ottimo lavoro in municipio…

 

La mia vita è perfetta, non desidero altro.

 

Forse solo un vero albero di Natale.

 

“Papà…”

 

Questo è il segnale che si è stufato dell’abbraccio.

 

Vorrei morderlo o stringerlo ancora più forte, ma non voglio fargli male e cerco di rispettare i suoi desideri e i suoi bisogni, così lo rimetto giù.

 

“Dai, va’ a lavarti e poi andiamo ad aiutare Margot con le marmellate. Le chiederemo anche se ha qualche dritta per fare un bell’albero.”

“Ha sempre delle dritte!”

 

Charlie adora quella vecchia signora; potrei essere geloso, se non la adorassi anch’io.

 

La conosco da quando sono nato e, per quanto ricordi, è sempre stata meravigliosa.

 

Giocavo spesso da lei con suo nipote, e non c’era nessuno più bravo di Margot a inventare attività divertenti in questo buco dimenticato da Dio che chiamiamo paese.

 

È estremamente creativa: renderebbe appassionante perfino una carota!

 

“So qual è il primo consiglio che ti darà.”

 

Sorprendendomi, Charlie mi fa cadere la scatola che stavo per mettere via e mi volto verso di lui.

 

“Davvero? Quale?”

“Compra un abete.”

 

Scoppio a ridere.

 

“Giusto. Su, spiritoso, va’ a lavarti.”

“Papà…”

 

Dal modo in cui pronuncia quella parola, so già cosa gli passa per la testa. Quando dico che lo conosco alla perfezione, non scherzo. Mi sta avvisando che ho dimenticato qualcosa.

 

Ecco il tipo di padre che sono: quello il cui bambino gli insegna come educarlo perché nessuno ha mai avuto la decenza di spiegarglielo, ma che ha la fortuna di avere un figlio incredibilmente ben educato comunque.

 

“La colazione! Hai fame?”

“No.”

“Devi comunque mangiare qualcosa.”

 

Il tempo si ferma un attimo. Mi accovaccio davanti a Charlie e gli poso le mani sulle spalle.

 

“Non sono stato troppo autoritario, vero? Faccio bene a insistere affinché mangi almeno un po’, giusto?”

 

Sono passati nove anni e ancora non so comportarmi come un padre ‘normale’.

 

Ma nemmeno mio figlio si comporta come un bambino ‘normale’, e questo non gli impedisce di essere perfettamente felice; quindi chissenefrega se la mia educazione è atipica quanto il mio stile.

 

Va detto che il mio taglio wolfcut, la catenella che mi collega un labbro a un orecchio, tutti i piercing e i tatuaggi che risalgono il collo fino alle dita non aiutano a farmi sembrare convenzionale.

 

Charlie sorride e appoggia a sua volta una mano sulla mia spalla. È un gesto semplice, ma pieno d’affetto per lui, e io lo accolgo con gioia.

 

Mangia in fretta, poi sale a prepararsi mentre il telefono squilla.

 

“Pronto?”

“Buongiorno, Gabriel, sono Margot. Tutto bene da voi?”

“Alla grande, Margotte. Stiamo proprio per venire da te.”

“Chiamavo per questo. Avresti dello sciroppo d’acero? So che Charlie lo mangia, ma non l’ho ricomprato e mia nipote arriverà tra poco, non me la sento di andare fino al negozio.”

“Sai che può farne a meno, non ti pare?”

“Anche Sally lo adora. Mi farebbe piacere accoglierla con dei pancake.”

“Va bene, lo porto io. Ma sei sicura che vuoi che veniamo? Non vi disturbiamo?”

“Per niente! Ha accettato di passare il Natale con me e resterà tutto dicembre, magari anche di più, se avrò voce in capitolo. Avrò del tempo da sola con lei.”

“Perfetto, arriviamo tra poco allora. Con lo sciroppo d’acero!”

“Grazie e a dopo!”

 

Riattacco sorridendo, felice di sapere che quest’anno Margot avrà un po’ della sua famiglia con sé per Natale. Non lo passa mai del tutto sola visto che con l’associazione siamo sempre lì, ma non è la stessa cosa. È bello che sua nipote abbia accettato di venire.

 

“Andiamo?”

 

Alzo lo sguardo e trovo Charlie completamente vestito, con il suo grosso cappotto nero, la sciarpa rossa avvolta al collo, gli stivali di pelle infilati su un jeans scuro e strappato, e in mano… lo sciroppo d’acero.

 

Sorrido nel vederlo tanto autonomo.

 

Forse un po’ anche perché Natale si avvicina e adoro questa festa.

 

Come ogni anno, voglio che sia magico per tutti coloro che ci circondano.

 

Spero che Sally sia pronta, perché le farò vivere il miglior mese di dicembre della sua vita!

 

O il peggiore, se ci basiamo sulla mia scelta dell’albero…

 

Scarica l'app e continua a leggere gratis