Alessandra Magnoli - Contemporary Romance
✨ Una webnovel Narae Select. Il meglio delle autrici self selezionate da Narae, in collaborazione con il Festival Romance Italiano.Un milanese aitante e pieno di sé, una romana con la lingua al vetriolo: Flavia ed Emanuele si detestano dal primo … altro
“Fla’, però potevi truccarti un po’,” bofonchia mio fratello.
“Mmh, ma sei fissato.” Roteo gli occhi, scocciata.
È dalle 5:00 di stamattina, quando abbiamo preso il treno, che si lamenta; ha avuto da ridire anche sul mio abbigliamento. Mi ha etichettato “una turista allo sbaraglio”.
Che palle!
Siamo venuti a Milano per conoscere la fidanzata di Fabio e la sua famiglia: padre, madre e fratello. Insomma, stiamo andando a un maledetto appuntamento, mica a un matrimonio.
“No, ma lo sai quanto ci tengo a questo incontro,” ribatte risentito.
La fidanzata di Fabio è un avvocato, come il resto della sua famiglia, tranne la madre. Gente benestante e snob.
Comprendo che desideri fare una buona impressione, ma da quando l’aspetto è ciò che conta? Amo mio fratello e farei di tutto per lui, ma essere sé stessi è la carta vincente per ogni occasione. Lo dice anche Oscar Wilde.
Mio padre, nella sua impeccabile camicia bianca, mi fa segno di tacere. Sa che ero pronta a ribattere. Caccio indietro le parole e mi mordo la lingua.
Assurdo come un tipo “semplice” come lui sia finito con una così… se non fosse stato per quell’incontro tanto buffo. Fabio mi ha raccontato che lei era con delle amiche in giro per Roma e, guarda caso, sono finite nel supermercato dove lavorava. A Marta servivano degli assorbenti e, quando stava per andare a pagare, pouf, si è scontrata con mio fratello… vi lascio immaginare il resto.
Montiamo su un’auto privata che ci lascia davanti a un palazzo antico; credo che risalga ai primi dell’Ottocento. Sfarzoso ed elegante, con un portone altissimo in ferro battuto e maniglie in ottone. C’è persino un portiere che ci indica il piano.
Forse inizio a capire la fissazione di Fabio sulla questione “abbigliamento e trucco”. In mezzo a tutto questo lusso potrei essere paragonata a una trovatella. Ma è troppo tardi per i ripensamenti.
Mio fratello mi lancia un’occhiataccia, capendo il filo dei miei pensieri. Nella mente risuona la sua voce che dice “te lo avevo detto”. Faccio spallucce: non gli darò questa soddisfazione.
Entriamo nel sontuoso ascensore e Fabio approfitta dello specchio per aggiustarsi i capelli e la cravatta.
Questa sua ansia sta mettendo a dura prova i miei nervi.
A dir la verità me ne sarei stata volentieri a casa a leggere un buon libro, ma è la prima volta che lui ci presenta “ufficialmente” una ragazza. Perciò credo che la questione sia proprio seria e non potevo mancare, ma non avevo capito che fossero così ricchi. Giuro che il mascara lo avrei messo.
Giunti all’attico, troviamo ad attenderci una ragazza bellissima, dall’aspetto curato, capelli castani lunghi e mossi. È lei: Marta Ferrari. Fabio mi aveva fatto vedere delle sue foto.
Entriamo nell’appartamento lussuoso. Passiamo alle presentazioni e, per fortuna, è mio fratello a fare il lavoro sporco, limitandomi soltanto a un sorriso e a una stretta di mano.
Ci accomodiamo nel grande salotto dove troviamo ad aspettarci il resto della famiglia. Occupo un posto sul soffice sofà in pelle. Tutto è classico, raffinato e ricco. Anche la pianta in vaso nell’angolo mi sembra troppo costosa.
Imbarazzata, inizio a giocare con una ciocca di capelli. Studio i vari membri qui presenti, notando che manca un pezzo: il fratello. Comunque, a primo impatto sembrano persone alla mano, soprattutto la mamma: una signora elegante, sorridente e ospitale; dalla vastità di leccornie che si trovano sul tavolo, le opzioni possono essere solo tre:
A - Ha origini del Sud.
B - Le piace cucinare.
C - Ha qualcuno che cucina per lei.
In ogni caso spero che sia tutto buonissimo perché tutta questa tensione mi ha aperto una voragine nello stomaco. Marta è incantevole e, da come si stringe a mio fratello, credo proprio che sia cotta a puntino. Aspettate… sarà dolce e bellissima, ma è pur sempre la fidanzata di mio fratello; perciò, prima di entrare nelle mie grazie, non basteranno i sorrisetti amichevoli che mi lancia ogni tanto. Credetemi: non si scherza con una sorella romana e gelosa.
“Mio fratello sarà qui a momenti!” esclama Marta rivolta a Fabio.
Sembra quasi che voglia scusarsi. Ho la vaga impressione che il caro fratellino sia un ritardatario cronico.
La mamma di Marta ci invita a mangiare e io non me lo faccio ripetere due volte.
Nell’attesa di conoscere il quarto elemento — che tanto si fa desiderare — della famiglia Ferrari, tra una tartina e l’altra, squisite oltretutto, sono costretta a subirmi il terzo grado: “Quanti anni hai? Studi? Lavori? Hai un fidanzato?” Non mi fanno sentire affatto a mio agio; tuttavia rispondo apparendo più cordiale possibile. Accavallo persino una gamba per mostrarmi più… femminile.
Mio fratello annuisce soddisfatto. L’attenzione si sposta su mio padre e, con la scusa del bagno, mi allontano. In fondo al corridoio a sinistra trovo il mio piccolo angolo di pace.
Piccolo è una battuta.
In questo bagno potremmo organizzarci un party. Appena mi chiudo la porta alle spalle inizio a respirare. Guardo il mio orologio: sono le undici. Mi strofino il viso. Manca ancora tutto il pranzo. Di questo passo non so come uscirò da questo incontro familiare.
Tiro lo sciacquone per non insospettire nessuno e strappo qualche pezzo di carta igienica che uso per tamponarmi il collo e sotto le ascelle; sto morendo di caldo e non so se è per il clima torrido di luglio o perché non vorrei essere qui.
Quanto vorrei spruzzarmi un po’ di profumo.
Butto la carta nel cestino accanto al lavandino e, sul bordo della vasca, adocchio il deodorante spray per ambiente: Air Wick.
“Beh, meglio di niente,” mormoro e intanto lo afferro. Una spruzzata e via, penso.
All’improvviso la porta si spalanca. Dallo spavento faccio cadere la bottiglia che ruzzola nella vasca emettendo un tintinnio rumoroso.
“Fai attenzione, quella è una Jacuzzi!” esclama una voce maschile alle mie spalle. Il suo tono non è affatto amichevole.
Mannaggia la miseria!
Strabuzzo gli occhi. Poi mi volto. “Sì… mi scusi io…” Le parole si suicidano nella bocca appena le mie pupille si posano sul ragazzo che ho di fronte. Alto, bello e… impossibile. La sua t-shirt è così aderente che mette in evidenza il petto e due bicipiti muscolosi.
Chi è questo Adone?
Ingoio la saliva. Ammetto che in questo momento avrei tanto voluto avere un po’ di mascara.
Lui mi snobba con un’espressione di sufficienza e, con un tonfo, lascia cadere un borsone sul pavimento di marmo.
“Qui dentro ci sono i panni da lavare.”
Ehh!!! Ma che vuole?
Sbatto le ciglia più volte. Sono sicura di aver capito male. Almeno spero.
“Scusa?”
“I panni da lavare,” ribatte, con un fastidioso accento milanese, indicandomi con l’indice la borsa. “Pure stupida l’hanno trovata,” mormora a bassa voce.
Faccio schioccare la lingua come una frusta, portando una mano sul fianco. “Scusa, ma per chi mi hai preso?”
L’Adone mi squadra dalla testa ai piedi, con fare altezzoso.
“Non sei la nuova cameriera?”
“No, ti sbagli di grosso, bello,” rispondo piccata.
“Se non sei la cameriera, chi sei?” indaga incuriosito, aggrottando la fronte. Sto per rispondere, quando una voce femminile mi blocca.
“Flavia, eccoti qui. Mi ero preoccupata,” esordisce Marta spostando l’attenzione prima su di me e poi su colui che penso essere suo fratello.
Eccallà. Che figura di emme.
Sono confusa, mentre io sono rossa dalla vergogna.
“Emanuele… che succede?”
“Flavia si era persa, ma per fortuna che sono arrivato in tempo per indicarle la strada del bagno,” spiega furbo, togliendo entrambi da una situazione imbarazzante.
“Ah, okay! Allora avete già fatto conoscenza. Sono contenta,” aggiunge lei. Poi si rivolge a me con un sorriso a trentadue denti.
Sollevo una mano e la agito davanti a lei. “Sì… sì… già presentati, tranquilla,” asserisco con un sorriso di circostanza.
Inutile dire che vorrei sotterrarmi ed essere mangiata dai vermi.
“Emanuele, ora cambiati, abbiamo il ristorante prenotato per le 12:30.” Così dicendo si allontana e io resto ancora una volta con l’Adone arrogante.
“Beh… io allora… vado.” Perché sto farneticando? Più che altro perché gli sto dicendo quello che devo fare.
“A meno che tu non voglia restare per guardare ancora un po’,” allude a sé stesso, facendomi l’occhiolino.
La mia bocca si spalanca. Non ci credo che l’abbia detto!
Un misto di rabbia e imbarazzo si fa strada sul mio viso che si accende come un falò. Mi mordo la lingua per non rispondere e, essendo una ragazza ben educata, scelgo l’indifferenza. Non spreco le mie parole per un damerino che, piuttosto di presentarsi in orario a un appuntamento così importante, preferisce fare il fico in palestra.
Forse avrei dovuto dirglielo.
Mi avvicino alla porta e, appena metto un piede fuori, le sue parole mi paralizzano. Ancora.
“Sarebbe il caso che ti cambiassi anche tu. Non vorrai venire a pranzo conciata così.”
Mi volto di scatto e lo fulmino con uno sguardo affilato. Mi ha giudicata dal mio aspetto, solo perché indosso dei jeans scoloriti e una canottiera. Beh, questa volta col piffero che sto zitta!
Al diavolo l’educazione.
“Io posso anche cambiarmi d’abito. Peccato che tu non possa fare lo stesso con la tua faccia da stronzo.” Gli punto un dito contro come se volessi colpirlo.
Sogghigna senza dire una parola. Colpito e affondato. Sbatto la porta e me ne vado senza dare modo di replicare.
Che serpe.
Se questo è l’inizio, allora Dio dammi la pazienza perché se mi dai la forza faccio ’na strage.