Book Boyfriend - Webnovel - Narae

Book Boyfriend

Angela Contini - Fantasy Romance

Holly si ritrova catapultata dentro un romance pieno di cliché che detesta. L’unico modo per uscirne? Vivere la storia d’amore fino in fondo. Peccato che il protagonista sia un CEO perfetto e insopportabile… o forse no. Tra ironia, scontri e … altro


39 Episodi

Episodio 1

 

Holly alla ricerca del vero amore:

istruzioni per l’uso

 

Sapete, credo di aver appena preso la decisione più importante di tutta la mia vita. Quale? Semplice: voglio l’amore vero. Esatto, sì, proprio quello con la proverbiale A maiuscola. Quello che ispira i poeti, gli scrittori e gli ascoltatori di Spotify quando compilano le playlist.

 

Mi rendo conto che non si tratterà di una ricerca facile. Se fosse semplice, il catalogo Kindle nella categoria Romance avrebbe una lista molto breve.

L’amore scritto si ispira alla realtà e più la realtà fa schifo, più romanzi d’amore verranno pubblicati. È una banale equazione. Non fa una piega.

 

Mi guardo allo specchio. Ho una figura longilinea grazie alla genetica della mia famiglia, l’unica cosa di cui posso vantarmi. I miei capelli castani non crescono oltre le spalle e sono abbastanza sfibrati. Avrei bisogno di un bel taglio. I miei colori sono del tutto anonimi, ma in fondo mi piaccio così.

 

“Non sono male, vero Draco?” Mi volto a guardare l’essere infido acciambellato sul letto. “Che parlo a fare con te? Hai più pelo che anima.”

 

Il mio gatto solleva la testa, mi guarda con gli occhietti assonnati, infine sbadiglia e torna a dormire.

 

“Non te ne frega un cazzo, giusto? Avrei dovuto prendere un cane.”

 

Non è che non ci abbia provato. A trovare l’amore vero, intendo, ma forse non sono abbastanza coraggiosa. Non ho provato esattamente tutto: le app di incontri non fanno per me. Le foto mentono. L’AI oggi è capace di trasformare Woody Allen in Brad Pitt. Come ci si può fidare?

 

Mi hanno proposto gli speed dating, ma dato che ho il brutto vizio di dire tutto quello che mi passa per la testa anche quando dovrei tenerlo per me, ho preferito evitare di umiliare un poveraccio solo perché non rispecchia le mie alte aspettative. Perché sono dannatamente alte. Così alte che non le vedo più nemmeno io.

 

Il flusso dei miei pensieri viene interrotto dal suono del campanello. Il videocitofono mi rimanda l’immagine della mia migliore amica, Felicity, un nome che non le si addice affatto. Le starebbe meglio… Mercoledì Addams.

Mastica una gomma mentre guarda dritto nell’apparecchio. Le apro e, poco dopo, me la ritrovo in camera da letto con indosso una gonna nera plissettata lunga fino al ginocchio, una camicetta bianca con il colletto bordato di nero e una giacchetta dello stesso colore. Non so decidermi se è anacronistica o semplicemente originale.

 

Si siede sulla poltroncina di fronte al tavolino da toeletta senza nemmeno salutarmi e dice: “Che fai?”

“Penso.”

“A cosa?”

“Alla mia ultima relazione finita nel cesso.”

“La chiami relazione? Sul serio? Dacci un taglio e vai oltre.”

“L’ho già fatto” le dico senza esitazione, mentre mi siedo sulla coda di Draco che miagola, soffia e scende dal materasso come una lesa maestà.

“Quel dannato gatto…” Felicity lo sfida con lo sguardo, ma Draco la ignora. “Si sente un fottuto dio.”

 

Sì, il suo modo di esprimersi cozza terribilmente con il suo modo di vestire. Fuori sembra una scolaretta, dentro è uno scaricatore di porto.

 

“Perché non usciamo?” mi chiede.

“Per andare dove?”

“Verso nuovi orizzonti” ridacchia. “In libreria? O sei troppo distrutta dal fatto che il tizio scemo con cui uscivi ti abbia mollata dopo un paio di appuntamenti, solo perché non gliel’hai data appena te l’ha chiesta?”

“La scema sei tu se lo pensi. Non sono così disperata. E sono stata con lui due mesi.”

 

Due mesi di troppo, mi dico.

 

“E allora andiamo. Magari trovi quell’amore che cerchi da tanto, che poi… cosa te ne farai dell’amore, Dio solo lo sa.”

“È divertente.”

“Ammetto che ha i suoi vantaggi, se guardiamo la faccenda da un lato puramente fisico.”

“Se lo guardiamo dal lato emozionale…” comincio.

“Lo sai. È la tua lista, o sbaglio?”

 

Ebbene sì, in uno dei miei rari momenti di sconforto per il fatto di non trovare un cretino che mi pigli e mi si tenga, ho stilato alcuni punti per cui l’amore, in realtà, è meglio perderlo che trovarlo.

 

“Punto primo” comincia Fel in tono solenne. “Niente mascara che cola per le lacrime sprecate dopo una rottura. Determinante il numero di fazzoletti risparmiati, tutto in favore dell’ecologia e dell’economia.”

“Punto secondo” proseguo. “Niente più orgasmi finti per non ferire il suo orgoglio di maschio alfa.”

“Esatto. Se non sa dove e come toccarti, non è degno di te.”

“Parole sante. Punto terzo: nessuno può impedirti di fare binge-watching delle tue serie preferite con i sottotitoli, solo perché è troppo lento per leggerli.”

“Quarto: sei libera di mangiare il cazzo che ti pare e se vuoi ingozzarti di gelato e patatine fritte nello stesso momento, nessuno può impedirtelo. Il corpo è tuo e anche il colesterolo» dice Felicity battendosi una mano sul petto prima di continuare. “Quinto: vuoi imparare a suonare il pianoforte anche se non sai nemmeno com’è fatta una chiave di violino? Puoi farlo senza che qualcuno ti giudichi. E perché no? Anche il Kazoo.”

 

Ignoro cosa sia un Kazoo.

 

Proseguo convinta: “Niente compromessi. Se ti salta in mente di voler partire per la Norvegia tra un’ora, fai le valigie e vai.”

“E la cosa davvero fondamentale? Niente più San Valentino costosi per un idiota che non merita un minuto del nostro tempo.”

 

Sì, sono sempre quella che ha esordito con ho deciso che voglio trovare l’amore vero. Ma quello non presuppone lacrime, orgasmi finti e tutto il resto, quindi sento di essere ancora dalla parte della ragione.

 

“Eppure io credo ancora nell’amore vero” dico in uno slancio di sincerità.

“Il fatto è che se aspetti quello rischi di trovarlo nell’ospizio in cui finirai da vecchia” mi fa notare Felicity.

“Non so dove sbaglio. O forse lo so” ammetto.

“Illuminami, ti prego.”

“Sono troppo me stessa. Troppo sincera, troppo diretta, e ho pessime abitudini.”

“Tipo?”

“Tipo guardare le serie coreane fino alle cinque del mattino, bevendo latte e biscotti. Non è una cosa che trovano attraente, sai?”

“Beh… non lo troverei attraente nemmeno io, ma che te ne importa?”

“Se è uno dei motivi per cui non trovo uno straccio d’uomo, importa.”

“Sei contraddittoria. Non ti capisco.”

“Non mi capisco nemmeno io.”

 

Eppure, da qualche parte in questo tempo e in questa vita, l’uomo giusto per me esiste. Uno che riesca a comprendere come sono fatta, che rida delle mie idiozie e che non pensi che sono pazza solo perché parlo con il mio gatto. Lo troverò. Devo solo avere pazienza. In fondo ho solo ventiquattro anni. Ho appena cominciato a vivere. Un pensiero utile come la carta igienica profumata, lo so.

 

“Ti vuoi vestire, allora?” Fel mi riporta alla realtà. “Sei ancora in mutande.”

“Ho appena fatto la doccia.”

“Forza.”

 

La mia amica si alza e si dirige verso l’armadio, tirando fuori un paio di jeans e un maglione rosso a collo alto.

 

“Metti questi e andiamo a divertirci.”

“Pizza, cinema e libreria?”

“Pizza, cinema e libreria, d’accordo.”

 

Il massimo della trasgressione, mi dico, ma in fondo ci divertiamo con poco.

 

***

 

Felicity mi dice con nonchalance che nel cinema della periferia più infima del Queens c’è una rassegna cinematografica su Leonardo DiCaprio, un modo abbastanza scontato per attirare clienti. Non capisco quale sia l’incentivo. Leonardo DiCaprio? Non quello attuale, per questo, forse, il primo film della rassegna è il kolossal per eccellenza: Titanic.

 

“Titanic? Fai sul serio?” domando.

“Non potrei mai scherzare su una cosa tanto seria, Holly” risponde Felicity osservandomi come fossi appena scesa da un altro pianeta.

“Quante volte lo hai visto?”

“Si tratta di Leonardo.”

“Oh, beh… allora taccio.”

 

Felicity ha una vera passione per DiCaprio, che spesso sfocia nell’ossessione. È malata. Un soggetto da studiare. Sul serio.

Nella hall del vecchio cinema mi accorgo che c’è anche il poster degli ultimi due film di Harry Potter.

 

“Vedi?” Le indico il poster. “Potremmo guardare quello.”

Lei sorride e fa un cenno di diniego. “Scordatelo.”

 

Sbuffo. Ci ho provato, ma lei non è una grande fan del maghetto più famoso al mondo, non quanto me sicuramente.

Entriamo in sala dopo aver fatto i biglietti. Sospiro sulla mia poltrona. Dopotutto il cinema è un luogo magico dove i sogni prendono vita attraverso magistrali interpretazioni, tranne quando le amiche ti trascinano a vedere un film di cui non ti frega un cazzo.

 

“Sul serio, Felicity. Ti pare una serata piacevole? Come pensi ci si possa divertire a guardare una nave affondare per tre ore e mezza, con un finale molto discutibile, fra l’altro?”

“Titanic è l’espressione dell’ineluttabilità della vita.”

“È solo l’espressione degli amori sfigati.”

“Jack e Rose sfigati? È un amore epico.”

“Certo. Con uno dei due che finisce a fare il ghiacciolo e lei che diventa, da vecchia, il meme più visto sui social. Sono passati ottantaquattro anni” imito la voce di un’anziana, “e aggiungi a piacere una qualsiasi espressione.”

“Sei ingiusta” ribatte Fel offesa.

“Avrei preferito Harry Potter.”

 

Infilo le dita nei popcorn, preparandomi ad affondare insieme al Titanic, e mentre Felicity piange come sempre per le scene di cui conosce a memoria le battute, io sogno di essere lontana da questo dramma, da queste dannatissime storie piene di tragedia, dove il massimo che ci si può aspettare è che uno dei due muoia congelato.

Dopo due ore vorrei lanciare un Avada Kedavra per semplificare le cose a tutti. Mimo l’incantesimo con la bocca, gesto che non sfugge alla mia migliore amica.

 

“Ti ho sentita” mi rimprovera.

“Non ho nemmeno parlato.”

“Hai lanciato un Avada Kedrava contro Jack.”

“Tanto dovrà morire comunque.”

“Taci! E poi che significa Avada Kedrava? Non l’ho mai capito.”

“Saprai tutto quello che c’è da sapere su DiCaprio e sul Titanic, ma io so tutto su Harry Potter, e Avada Kedrava è un’espressione che deriva dal dialetto aramaico siriano e significa che la cosa sia distrutta. Se vuoi posso dirti il significato di tutta una serie di incantesimi. Tipo Accio, Episkey, Expecto Patronum e…” Mi sto eccitando, sul serio.

“Ma che brava! Davvero! Bravissima. Ora, però, fammi vedere il film.”

 

Resto in silenzio. L’eccitazione è morta alla stessa velocità con cui è nata. Mi ricordo che non sono amica di Felicity per il suo entusiasmo contagioso o perché abbiamo cose in comune. Tutt’altro. Il nostro è un rapporto che si basa sul concetto degli opposti che si attraggono.

Dopo un’altra ora e mezza buona finalmente scorrono i titoli di coda. Mi lascio andare a un sospiro di sollievo, mentre passo un fazzoletto di carta alla povera Fel che piange tutte le sue lacrime.

 

“È così… così ingiusto” singhiozza.

“È ingiusto che io sia stata costretta ad assistere per l’ennesima volta a questo tragico avvenimento.”

 

Si sa, però, che i guai non vengono mai da soli, anche se, nella fattispecie, considerare l’incontro fortuito con il mio ex e la sua nuova ragazza non può essere considerato davvero un guaio. Piuttosto un episodio imbarazzante.

Mi accorgo di Michael poco dopo essere uscita dalla sala, nella hall del cinema. Stanno facendo i biglietti per Harry Potter. Felicity mi dà di gomito e lo indica con un’alzata di mento.

 

“Che vuoi?”

“Lo hai visto? È Michael, con quella nuova.”

“Quella nuova… che modi!”

“Come dovrei chiamarla?”

“Col suo nome. Si chiama Emma.”

“Fai sul serio? A volte mi chiedo se tu abbia un cervello o solo una nebulosa in testa. Dovresti darle fuoco.”

“Cosa vuoi che me ne importi?”

“E Michael?”

“Perdonami, non eri tu che dicevi che avrei dovuto fregarmene?”

“Sì, ma sono qui. Non ti prudono le mani?”

 

Felicity ha un diavolo per capello, neanche fosse lei ad aver subito il tradimento.

 

“Non mi importa. Non devo dimostrare niente. Sai di cosa mi importa davvero? Che loro stiano per vedere Harry Potter” dico con aria di accusa e con un respiro prolungato che potrebbe far affondare un’altra nave.

 

Nel frattempo Michael ed Emma si voltano e, come nel più scontato dei casi, si accorgono di me. Dopo un principio di smarrimento che passa chiaramente sui loro volti, lui sorride e si avvicina. In fondo è un ragazzo educato.

 

“Holly! Che coincidenza! Come stai?”

 

Fel è subito sulla difensiva. Braccia incrociate al petto, sguardo corrucciato. Le si legge in volto un vaffanculo a caratteri cubitali.

 

“Bene, Michael, grazie” rispondo senza particolare astio.

 

Sul serio, non mi importa. Non era lui quell’amore vero che cercavo, in fin dei conti. Sapevo che sarebbe finita.

 

“Io e Felicity abbiamo appena finito di vedere Titanic.” Un’informazione superflua, me ne rendo conto.

“Oh!” esclama lui e sorride. “Noi stiamo per vedere Harry Potter e i doni della morte. Sarà bellissimo.”

“Lo è” ribatto cercando di non sembrare una ragazzina invidiosa.

 

Emma non parla. Ha l’attrattiva di una scatola vuota, ma è bellissima, e forse a Michael basta questo. Chi sono io per giudicare, dopotutto? Alla fine, ciò che importa è che nessuno potrà mai apprezzare Harry Potter quanto me. E questo è quanto.

Ci salutiamo. O meglio, li saluto io. Felicity si limita a un cenno della testa, mentre mastica la stessa gomma da più di tre ore. Mi chiedo come non le sia ancora cascata la mascella.

 

“Hai intenzione di buttarla, quella gomma? Non avevi detto pizza, cinema e libreria? Siamo ancora solo al cinema.”

“Andiamo.” Fel sputa la gomma sul fazzoletto con cui ha asciugato le lacrime versate per Jack, lo ficca in una tasca della giacca e mi trascina al bar. “Due pacchi di patatine gusto pizza, per favore” chiede alla tizia dietro al bacone.

“Questa è la tua idea di pizza?”

“Sanno di pizza. È pizza.”

“Le patatine gusto pizza non sanno di pizza. Non sono nemmeno lontanamente paragonabili a una pizza.”

“Accontentati.”

 

Forse è davvero questa la chiave di volta: accontentarsi. Non l’ho mai fatto davvero ed è per questo che la mia vita è costellata da fallimenti più o meno grandi. Mia nonna era di origini italiane e, quando ero piccola e chiedevo l’impossibile, tirava fuori un detto delle sue parti. ‘Chi si accontenta gode, Holly’ diceva puntandomi l’indice contro, ma a me è sempre parsa una contraddizione bella e buona.

Chi si accontenta non gode affatto, vuole solo convincersi che vada tutto bene anche senza avere quello che desidera, ma al momento vanno bene le patatine gusto pizza, dato che l’alternativa mi costringerebbe a una discussione con la mia migliore amica.

 

“Manca la libreria al nostro trasgressivo programma, vero?” domanda Felicity.

 

Allunga un braccio per indicarmi l’uscita del cinema, con un’espressione rassegnata, come se mi stesse facendo un favore e probabilmente è così. Lei non ama leggere e non comprende la mia ossessione nell’acquistare libri, ma non mi lascio scoraggiare e rispondo con un sonoro: “Assolutamente sì!”

 

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