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Undercover Crush. Obiettivo: non innamorarsi

Edy Tassi - Romance Contemporaine

Quando Evelyn Reeds accetta un incarico sotto copertura, non pensa di finire nel mirino di Damian Millbrook, imprenditore impenetrabile e pericolosamente affascinante, che gestisce un impero fondato sui locali notturni di Londra. Lei deve concentrarsi sulla sua missione. Lui su … plus


18 Épisodes

Prologo

 

Damian

 

 

Se è un tranello, è congegnato in modo molto stupido. 

 

Ma, d’altra parte, mia cognata è molto stupida. 

 

Ovviamente non tanto stupida quanto mio fratello che l’ha sposata. Situazione alla quale, se Dio vuole, Colin sta per porre rimedio. Però dobbiamo procedere con attenzione, perché la pezza non sia peggiore del buco. 

 

Impilo sul tavolino il cellulare e le chiavi della macchina, mentre osservo la ragazza sotto le luci soffuse del locale. 

 

È giovane. Decisamente giovane. 

 

Sta guardando affascinata mio fratello che, dietro il bancone, gioca a fare Tom Cruise in Cocktail

 

Se non pensassi che è un cretino, mi farebbe tenerezza. Sia chiaro, gli voglio bene, e il ruolo di fratello maggiore che protegge il fratellino minore fa un po’ parte del contratto, ma sistemare i suoi casini sta diventando sfiancante. 

 

Lo osservo agitare lo shaker per qualche secondo, poi sposto lo sguardo sulla ragazza. 

 

È seduta a qualche sgabello di distanza da Colin e continua a girarsi da un lato all’altro, impercettibilmente. 

 

Nervosa? 

 

Beh, immagino che qualsiasi esca si senta agitata, quando viene fatta penzolare dall’amo. E lo sarebbe ancora di più, se sapesse che il pesce che sta abboccando non è il branzino che ha davanti, ma lo squalo alle sue spalle. 

 

Magari mia cognata non l’ha pagata abbastanza per infonderle un po’ di sicurezza. Forse i soldi glieli ha solo promessi. 

 

E sì che a Clarissa il denaro non manca. Il denaro di mio fratello. Che vorrebbe sfilargli dalle tasche con un divorzio milionario accusandolo di tradimento. 

 

Però ha fatto male i conti. Malissimo. Perché nell’equazione non ha considerato me. Se non, che ironia, per cercare di farsi una scopata. 

 

Ma ha sbagliato bersaglio, perché, sì, sono un bastardo, ma non farei mai una cosa del genere a mio fratello. 

 

Mi alzo e infilo il cellulare e le chiavi in tasca. Sistemo la cravatta, i polsini della camicia sotto la giacca e mi avvio in direzione del bancone. Strada facendo, riconosco due clienti e li saluto con un cenno, mentre un paio di donne mi si strusciano addosso. Le lascio fare. Adoro sentire quelle tette morbide contro il braccio o il petto. 

 

Mi piace essere il padrone del club. Mi piace essere il padrone di tutti i nostri club. Ci sono benefici innegabili, come per esempio l’ammirazione degli uomini e la disponibilità delle donne. Ma in questo momento non posso attardarmi a godere né dell’una né dell’altra. 

 

Non ho alcuna intenzione di permettere che una ragazzina faccia saltare il matrimonio di mio fratello a mie spese. Perché, diciamolo, i soldi che sborserebbe lui, alla fine, sono soprattutto miei. E ricoprire d’oro una stronza come mia cognata rischierebbe di farmi soffocare nei miei stessi succhi gastrici. 

 

Purtroppo per Clarissa, tengo alla mia salute tanto quanto ai miei soldi. 

 

Mi guardo intorno per cercare di individuare il detective che, sicuramente, sta aspettando di immortalare mio fratello in atteggiamenti sconvenienti con la ragazzina. 

 

Dev’esserci per forza. Che illuso. 

 

E anche lei. 

 

Mentre mi avvicino, assimilo altri particolari. 

 

I capelli sono raccolti in una coda lunga. Castani chiaro, semplici. Scintillano lucidi sotto i faretti sofisticati del bancone. La vita si stringe sotto l’abito attillato ricoperto da piccoli ricami color platino e i fianchi si allargano a clessidra, nel punto in cui le natiche toccano lo sgabello. Ha le gambe snelle e quasi completamente nude. Le braccia sono flessuose, da ballerina. 

 

Avanzo ancora e le arrivo alle spalle. A questa distanza riesco a percepire il suo profumo. Fiorito e leggermente dolce. Me lo rigirerei volentieri sulla lingua. Anzi, avverto già l’acquolina in bocca. E, mio malgrado, una certa tensione nei pantaloni. 

 

Ma prima devo farle capire che il suo piano è saltato. Insieme a quello di mia cognata. 

 

Aspetto che Colin finisca di preparare un cocktail. A giudicare dal colore, direi che è un Velvet Sin. 

 

“Te lo faccio portare al tavolo?” le chiede, con il bicchiere in mano. 

 

Lei scuote la testa. Ovviamente non ha un tavolo. 

 

“Se vuoi, puoi venire a sederti al mio” dico. 

 

Colin incrocia il mio sguardo. “Un Velvet Sin anche per te, Damian?”

 

“Fammi il solito.” 

 

Lei si volta e di colpo non so cosa dire. 

 

Evelyn Reeds ha gli occhi chiari e truccati con tanto nero e glitter. E tanto rosso sulle labbra. 

 

Bella. 

 

E, ora che la vedo da vicino, è così giovane da essere decisamente off limits, oltre che nel posto sbagliato. 

 

Sospiro.

 

Temo che, prima ancora di mia cognata, a fare le spese della presenza di questa… bambina… qui, sarà uno dei miei dipendenti. Cosa cazzo è venuto in mente ai ragazzi all’ingresso di farla passare? 

 

“Credo che questa sera uno dei miei dipendenti si troverà senza lavoro.” 

 

Lei strabuzza gli occhi e la bocca forma una “O” per una frazione di secondo, ma poi sembra ricordare che il suo ruolo non è quello della finta ingenua, così ruota un po’ di più il busto verso di me. 

 

La scollatura dell’abito è profonda e rivela una linea del seno appena accennata, deliziosa. 

 

“Perché?” chiede. Cazzo, anche la voce è giovane. E ha ancora un accenno di rossore sulla pelle. 

 

Se avessi mia cognata tra le mani in questo preciso momento, le tirerei il collo. È davvero una stronza senza vergogna per aver coinvolto una ragazzina nei suoi giochetti volti a incastrare mio fratello. 

 

Lascio scivolare lo sguardo dai suoi occhi, lungo il nasino proporzionato, sulle labbra lucide e sul collo. Mi accorgo che sta trattenendo il fiato e sorrido tra me e me, soddisfatto. 

 

Trasformerò la sua piccola avventura in un tale incubo che non si sognerà più di giocare con la vita degli altri. 

 

“Ha fatto entrare una minorenne nel mio club.” Con un movimento del polso indico mio fratello. “E potrei considerare di licenziare anche lui, che ti ha servito…” dico, abbassando lo sguardo sul bicchiere che lei ha davanti, pieno di ghiaccio e di un liquido lattiginoso rosa. 

 

La ragazza scuote la testa. “Ho ventiquattro anni. E non c’è bisogno di licenziare nessuno.”

 

Beh, almeno Clarissa non è così stronza da usare come esca una ragazzina che potrebbe costarci la licenza. Anche se, ovviamente, ho solo la parola di Evelyn Reeds, della quale, in tutta onestà, non ho motivo di fidarmi. Ma per il momento decido di stare al gioco. Se le chiedessi un documento, rischierei di doverla sbattere fuori. E non voglio farlo. Non ancora. 

 

“Vedremo.” Guardo oltre il suo sgabello. “Sei qui con qualcuno?” domando di nuovo. Non mi preoccupo che suoni come un interrogatorio. Immagino abbia capito che ha a che fare con il titolare del club. 

 

Il suo sguardo scivola leggermente di lato. “Sono sola.” 

 

Certo, se devi incastrare mio fratello, mica puoi presentarti con altri. Escludendo il detective che sarà sicuramente appostato nell’ombra. 

 

Mi guardo intorno con aria pigra, mentre cerco di scandagliare il locale. Per una volta impreco contro l’architetto che mi ha suggerito queste luci basse. 

 

“Nemmeno un’amica?” chiedo alla fine. 

 

Scuote la testa e avvicina le labbra alla cannuccia. Le vedo chiudersi attorno al piccolo oggetto circolare e il mio inguine reagisce all’istante immaginandole fare lo stesso, ma su qualcos’altro. 

 

Porca puttana, forse mia cognata non è affatto una stupida. 

 

“Ottimo. Allora potresti venire a fare un po’ di compagnia a me.” 

 

Lei si irrigidisce. Lancia un’occhiata a mio fratello, confermando tutti i miei sospetti. E quel piccolo gesto mi toglie ogni scrupolo. 

 

Ti faccio passare io la voglia di giocare con la vita degli altri. 

 

Le appoggio una mano sulla minuscola porzione di gamba coperta dal tessuto. Lei si irrigidisce e dal suo corpo in tensione intuisco che sta per scendere dallo sgabello. 

 

“Non scappare.” 

 

“Non sono qui per te” replica, battagliera. 

 

Oh, ma tu pensa che sorpresa. “Beh, i tuoi programmi sono cambiati.” 

 

Il mio pollice supera la barriera dell’orlo e trova la pelle, tiepida e morbida, e vi disegna un piccolo semicerchio pigro. 

 

Immediatamente, la sento irrigidire le cosce, con un sussulto. 

 

Cazzo, non è sconvolta solo lei. Anche io avverto una specie di vertigine. 

 

Mi guarda a occhi spalancati, e non capisco se sia per chiedermi di fermarmi o di continuare. Scopro che vorrei fosse la seconda. 

 

Ma non ho tempo di elaborare la cosa. Alle mie spalle qualcuno mi parla con un tono che nessuno oserebbe mai usare con me. 

 

“Fossi in te, le leverei le mani di dosso.”

 

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