The Tyrant's Love Conspiracies

Singpraise - Fantasy Romance

[TW] Per salvare il suo paese, la principessa Ysaris è stata costretta a sposare il freddo e brutale imperatore di Joséphéa, l’uomo che ha ucciso il suo fidanzato. Per sopravvivere, non ha scelta: deve sopportare la sua arroganza, la sua … altro


57 Episodi

Episodio 1

 

TW

 

I temi affrontati in questo episodio potrebbero urtare la sensibilità di alcuni lettori. I contenuti sono destinati a un pubblico adulto e consapevole.

 

“Vostra Maestà, pietà... ahh…”

 

Il gesto fu così violento che la donna non riuscì a finire la frase. Tutto il suo corpo veniva scosso di continuo dai bruschi movimenti dell’uomo.

 

Per lei, che era stata cresciuta con dolcezza, quel rapporto interminabile rappresentava molta più sofferenza che piacere. Vedendola dimenarsi in quel modo, il tiranno avrebbe dovuto cedere alle sue suppliche, ma a letto era implacabile.

 

“Non è così che mi convincerete. Fate almeno uno sforzo, imperatrice.”

 

Quasi per dimostrarle il proprio vigore, non manifestava il minimo segno di stanchezza, se non fosse per una respirazione leggermente irregolare. Insaziabile, continuava a utilizzare il membro pulsante per profanare la sua femminilità, ancora e ancora.

 

L’ampio letto tremava. Il rumore dei loro respiri irregolari si mescolava a quello delle frizioni dei loro corpi, riscaldando la stanza.

 

“Vostra... Vostra Maestà... vi prego…”

 

Ysaris Ténilaf, l’imperatrice dai capelli biondo platino, non riusciva a controllare il tremolio delle sue labbra. Faceva del suo meglio per riuscire a esprimersi, ma il corpo stanco non l’aiutava.

 

Le avevano inculcato le buone maniere della nobiltà perché finisse così? Ysaris strinse i denti e chiuse gli occhi prima di riaprirli. Nonostante la vista offuscata, riusciva sempre a distinguere l’uomo che le rendeva la vita un inferno.

 

Kazhan Ténilaf, sovrano dell’Impero Joséphéa

 

I capelli neri, simbolo dell’appartenenza alla famiglia imperiale, si distinguevano da quelli dei  sudditi. Ysarispercepiva quegli occhi rossi scintillanti scrutarle il viso con insistenza. Fece fatica a esprimersi:

 

“Ci... ci sono così tanti bambini... che muoiono di fame proprio in questo momento…”

 

Pietà, pietà!

 

Non era per sé stessa che Ysaris implorava la pietà dell’imperatore con tanta disperazione. Non si sarebbe mostrata così remissiva per perorare la sua causa.

 

Non era convinto? Voleva che lei facesse ancora uno sforzo?

 

Non si trattava solo di sesso. Aveva chiesto di vedere l’imperatore non appena aveva saputo della sua decisione di aumentare le tasse nel suo regno d’origine.

 

Doveva persuaderlo. Con il corpo, le parole... Doveva soddisfarlo per convincerlo ad abbassare le tasse.

 

Era l’unico motivo capace di farle togliere i vestiti di sua spontanea volontà.

“Questo è tutto ciò che sapete dire? Che delusione! Non siete così disperata dopotutto!”

“No... sì!”

 

Boom! La testa di Ysaris fu spinta all’indietro da un violento colpo di bacino. Il dolore le offuscò la vista.

 

Doveva pensare al popolo, ma il dolore che provava in quel momento le offuscava la mente. Sentire il suo corpo completamente assoggettato all’imperatore aumentava ancora di più il suo senso di vergogna.

 

Come poteva essersi ridotta così?

 

Con la mente annebbiata, Ysaris cercò a tentoni le braccia del tiranno. Le mani gli sfiorarono i muscoli, passarono sulle spalle robuste prima di avvinghiarsi al collo e cingergli i trapezi.

 

Fu un gesto istintivo. Era solo per raggiungere il suo obiettivo o per rispondere alle suppliche del suo corpo? Non lo sapeva nemmeno lei. Alzò gli occhi umidi in direzione di Kazhan.

 

“Pietà... Umpf! Aah…”

 

Boom! Il suo corpo, rigido e tremolante, era stato scosso di nuovo con veemenza. Il gemito rauco emesso da Kazhan le giunse da lontano.

 

Ysaris chiuse gli occhi sentendo il liquido viscoso riempirla. Il suo tronco era rosso, coperto da segni di morsi e succhiotti. Gli occhi pieni di lacrime erano anch’essi di un rosso pallido.

 

Non era la prima volta che abusava fisicamente di lei. Per quanto lo detestasse, non poteva impedire a suo marito di condividere il letto con lei. Si era abituata a quel sentimento di disgusto.

Tutto qui. Sì, nulla di più. 

Una stanchezza terribile cominciò a impadronirsi di Ysaris. Tutto ciò che poteva fare in quell’impietosa posizione di servilità, era reprimere i suoi gemiti. Miseramente.

 

“Come potrei dire di no se mi guardate con quegli occhi da cane bastonato?”

 

La voce grave dell’imperatore interruppe i suoi pensieri.

Quel tono falsamente affabile era di un’arroganza senza pari. 

 

Sapeva perfettamente che lei fingeva di piangere. La aiutò a scendere dal letto e le asciugò le lacrime che le scorrevano sul viso, con un gesto affettuoso.

 

No, era spinto da un desiderio carnale, perché Kazhan bramava sempre di divorarla.

 

Era stato così fin dal loro primo incontro. Ysaris ricordava ancora lo sguardo ardente su di lei.

 

“Perché mi hai abbandonato?”

 

Tradimento? Un misto di amore e odio?

Non era riuscita a comprendere le emozioni che si nascondevano in quegli occhi pieni di rabbia, né a capire perché lui si comportasse così con lei.

 

Allora, non vi era nulla di sorprendente, dato che si trattava del primissimo incontro con l’imperatore di Joséphéa.

 

“Imperatrice.”

 

Una voce roca giunse fino a lei. Mentre Ysaris apriva le palpebre stanche, incrociò gli occhi rossi di Kazhan.

 

“Sì, Vostra Maestà?”

 

“Ultimamente avete un’aria particolarmente stanca. C’è qualcosa che non va?” Ysaris alzò gli occhi verso Kazhan con un’aria assente.

 

Quello che percepiva nel tiranno non era preoccupazione. Al contrario, era una critica velata, o addirittura sarcasmo.

 

Quello che seguì gliene diede conferma.

 

“Vi ricordo che mi appartenete. Vorrei che vi prendeste un po’ più cura di voi.”

“Perdonatemi… Ho lasciato che la stanchezza prendesse il sopravvento su di me.”

 

L’imperatore aveva appena svelato le ragioni della sua insoddisfazione, senza lasciare spazio ai dubbi. Era come se vedere il suo giocattolo rovinato lo avesse reso nervoso.

 

Sebbene potesse sentirsi ferita dall’indifferenza del marito, Ysaris invece si sentiva sollevata, poiché, anche se a volte Kazhan si comportava in modo strano, finiva sempre per rivelare le sue vere intenzioni. Quindi non doveva sentirsi obbligata a ricambiare con il minimo sentimento.

 

Ascoltava le sue richieste mentre la stringeva tra le braccia. Si prendeva più cura del suo corpo più di quanto facesse lei stessa.

 

Capricci dell’imperatore per giocare con lei ancora a lungo.

 

Ecco perché era determinata a non concedergli nemmeno una minima parte del suo cuore.

 

Era ormai più di un anno che era sposata con Kazhan… Il suo nemico, colui che aveva ucciso il suo fidanzato.

 

***

 

La tassazione del Regno di Piraine era di nuovo quella di partenza.

 

Ysaris, che apprese la notizia mentre si faceva pettinare, si sentì sollevata. Aveva dolori lancinanti per tutto il corpo a causa della notte precedente, ma per il suo paese natale era pronta a sopportarli.

 

E poi, non era una novità. Quante volte aveva dovuto inginocchiarsi davanti all’imperatore che comandava i sudditi come se giocasse con delle formiche?

 

Il lato positivo era che accettava tutte le sue richieste, ma l’inconveniente era che fosse l’unica a potergliele fare. Lei che non era né un’aristocratica dell’impero, né una donna del popolo, doveva sacrificare il proprio corpo per ottenere pietà e frenare la tirannia.

 

“Non hai nulla per coprirmi il collo?”

“Vado a prendervi un foulard.”

“Di colore scuro, se possibile.”

“Sì, Vostra Maestà.”

 

Ysaris guardò la serva allontanarsi attraverso lo specchio mentre osservava il suo riflesso. Aggrottò le sopracciglia prima di rilassarle. Le macchie rosse che le cospargevano la pelle erano situate in posti difficili da nascondere.

 

Maledetto!

 

Malediceva il marito pensando alla notte prima.

 

A volte l’imperatore imponeva di proposito politiche atroci. Sapeva che poi Ysaris sarebbe andata nella sua stanza per sedurlo, nella speranza che cambiasse idea.

 

Era così soprattutto per ciò che riguardava il Regno di Piraine, il paese in rovina controllato dall’impero. In altri termini, si trattava né più né meno di una trappola tesa con l’obiettivo di farle del male.

 

Non riusciva a capire perché. Perché lei?

 

“Desiderate che vi sciolga i capelli?”

“Sì, meglio.”

 

Ysaris abbassò lo sguardo vedendo la chioma dorata aleggiare nel riflesso dello specchio. I capelli, di solito raccolti con cura, non riuscivano a coprire del tutto i segni della notte precedente.

 

Erano la medaglia per aver salvato il suo popolo. Non c’era motivo di vergognarsene.

 

Si sarebbe sacrificata ancora e ancora, se il pegno da pagare una sola notte le avesse permesso di salvare tante vite. 

 

Come ex principessa di Piraine, era la miglior cosa che potesse fare per il suo popolo. Era il suo orgoglio.

 

Tuttavia, quei segni non potevano essere lasciati in bella vista.

 

“Vostra Maestà, il duca Kelhodin vorrebbe sapere quando sareste disponibile per riceverlo.”

“Uff…”

 

Che sfacciato!

 

Ysaris non era riuscita a trattenere un sospiro. Quell’uomo la assillava fin dal mattino per incontrarla. Poiché non avevano fissato un appuntamento, il minimo che potesse fare era di attendere con pazienza. Come osava interferire con gli impegni di una persona di rango più elevato?

 

Purtroppo, non poteva mandarlo via facilmente. Quell’uomo era un pilastro politico nel suo regno d’origine.

 

“Non serve rispondergli, arrivo.”

 

Ysaris si alzò dalla sedia e si diresse nel salone. Per quanto il suo corpo esanime urlasse a ogni passo, non lasciò trasparire nulla.

 

Tap, tap.

 

Il rumore regolare dei suoi passi risuonava nel corridoio colmo di opere d’arte. Arrivata a destinazione, Ysaris si sedette di fronte all’uomo biondo e gli rivolse un saluto.

 

“È passato un bel po’ di tempo, duca Kelhodin.”

“Esattamente un anno, se non erro. Sono lieto di vedere che si prendono sempre molta cura di voi.”

 

Ysaris sapeva che il sorriso del duca era sarcastico. Gli occhi verdi si erano staccati dai suoi per osservare il livido sotto il mento, per poi risalire in maniera fin troppo esplicita.

 

Mikelun Kelhodin era uno dei due duchi del regno di Piraine.

 

Quell’uomo tenace era finalmente riuscito a ottenere il titolo di duca l’anno precedente, mentre Ysaris veniva trascinata con la forza al palazzo imperiale.

 

Era anche il fratellastro del suo defunto fidanzato, Baryton Kelhodin.

 

“Siate breve.”

 

Quella serpe non avrebbe più visto la luce del giorno, se suo fratello maggiore fosse stato ancora vivo.

 

Mikelun alzò le spalle davanti allo sguardo freddo di Ysaris. Non si preoccupava minimamente dell’accoglienza che gli avrebbe potuto riservare. Affrontò l’argomento delle tasse con disinvoltura.

 

“Ero venuto per negoziare una diminuzione delle tasse, ma sembra che Sua Maestà abbia preso la situazione di petto. Ci tenevo quindi a porvi i miei ringraziamenti. ”

“Sembra che tuttavia ignoriate le buone maniere.”

“Se fosse dipeso solo da me, vi avrei dato volentieri una mano… ma ho desistito, per timore che non vi facesse piacere.”

 

Ysaris restò senza parole, spiazzata dalla risposta. Come osava rivolgersi in quel modo con l’imperatrice ed ex principessa di Piraine?

 

Scrutava insistentemente con lo sguardo il suo corpo, come a insinuare che volesse farle qualcosa con le mani.

 

Ancora sconvolta, ma soprattutto umiliata, l’imperatrice si alzò di scatto stringendo il pugno.

 

Di certo, non poteva fare nulla contro il duca per ora, ma era andato troppo oltre. Dato che non aveva più alcun motivo di perder tempo con lui, gli diede le spalle senza esitare.

 

“Tenetevi le vostre mani. Arrivederci.”

“Ho portato l’anello di mio fratello.”

 

Tac!

 

Ysaris interruppe di colpo il passo che si accingeva a compiere.

 

L’anello di fidanzamento che Baryton le aveva offerto era stato confiscato dall’imperatore. Invece, l’anello che portava il simbolo della famiglia Kelhodin apparteneva a Mikelun da quando era diventato duca.

 

Non restava altro che…

 

“L’anello che mio fratello ha dato alla persona che amava davvero. Non ditemi che non ne eravate a conoscenza?”

“Come…!”

 

Quindi lo sapeva. Sapeva che il fidanzamento con Baryton non era altro che una copertura.

 

Quando Ysaris, con il volto visibilmente turbato, si girò nuovamente verso di lui, Mikelun mostrò un sorriso che non prometteva nulla di buono.

 

“Dato che la proprietaria non è più in questo mondo, vorrei affidare questo anello alla sua finta fidanzata, Vostra carissima Maestà l’Imperatrice.”

 

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